Di Alessandro Gibertini. La Lazio passa all’ultimo respiro contro lo Spezia, raggiungendo il quinto posto in classifica. Ma il gol di Acerbi del 3-4 è irregolare. Fuorigioco non segnalato ed ennesima gaffe di una classe arbitrale sempre più indecorosa ed inadatta. Non mancano le polemiche.

Una rete scacciapensieri per il difensore biancoceleste criticato aspramente dalla propria tifoseria e rimonta completata. Lo show comincia dopo il triplice fischio. Da lì a poche ore seguono immagini scioccanti, accompagnate dalle parole dell’ex direttore di gara Marelli: “La linea tracciata sull’ultimo difensore spezzino non è in prospettiva e, dunque, in linea. Decretare se sia fuorigioco o meno, in questo modo, è impossibile”. Mancanza di chiarezza e di trasparenza sono alla base di questa ulteriore brutta pagina dell’arbitraggio italiano. Pairetto-Nasca, la coppia in questione. Uno sul campo e uno al VAR. E pensare che il fuorigioco è una regola precisa. Non ci devono essere dubbi. O si o no. Punto. Le voci e le dichiarazioni sull’episodio non cessano. Mourinho, al termine di Roma-Bologna del giorno successivo, decide di alimentare la piazza e la rivalità tra le due realtà romane: “Ci sono squadre che vincono con i gol irregolari”. Da ciò ne segue una reazione a catena. La risposta della società laziale non si fa attendere, rilasciando sul proprio sito ufficiale un comunicato al vetriolo nei confronti del portoghese. Sottolineando come un tecnico dovrebbe parlare e disquisire in merito a “casa propria”, senza ripetutamente distogliere lo sguardo dalle performance negative e portare l’attenzione su terze parti. Gli animi si accendono nella Capitale. L’Aia poi conferma l’errore tecnico da parte dei suoi dipendenti, diffondendo l’audio tra i due “colpevoli”. Pairetto non ha aspettato l’ok da parte del Var Nasca per far ripartire il gioco. La sospensione fino a fine stagione il provvedimento disciplinare. La gara non è ripetibile. Il regolamento in questo senso parla chiaro: “una partita non è invalidata a causa di errori della classe direzionale, incluso il VAR”.

La tecnologia è fondamentale. Il monitor e i replay hanno permesso di dirigere molti match in maniera superba. Ma manca quell’impeccabilità che gli si chiedeva. O meglio, che ancora si chiede a chi li utilizza. Oggi si procede per interpretazioni. Finchè non ci sarà uniformità di giudizio e, quindi, un insieme di regole ben precise e categoriche, la situazione peggiorerà. Bisogna mettere il VAR al centro della futura pratica arbitrale, ponendo la personalità al suo posto. Quello umano. Quello che può sbagliare. Eccellere di protagonismo non è più ben accetto.

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