By Cristiano De Angelis. Il 1/04/2021 i Red Hot Chilli Peppers festeggiano il ritorno di John Frusciante nella loro line up con l’uscita del loro nuovo album “Unlimited Love”, un’opera tutt’altro che di scarsa qualità ma che divide i fan.
Unlimited love segna, oltre che il ritorno del chitarrista che negli anni è diventato sinonimo con i RHCP (acronimo della band), il ritorno della band sugli scaffali dei nuovi arrivi nei negozi di musica. Sono infatti passati ben 6 anni dal loro ultimo album “the getaway”, opera generalmente riconosciuta come uno degli album più deboli della band, e sfortunatamente questo nuovo rilascio non è stato da meno. Il disco è composto da 17 brani per un totale di 73 minuti, sicuramente qualcosa di inusuale al giorno d’oggi, ma non necessariamente negativo.I Red Hot sono soliti andare contro corrente e fare scelte che spesso non vengono comprese solo per rivelarsi poi avanti con i tempi, e proprio per questa loro caratteristica Unlimited Love risulta per certi versi deludente; l’album non è in alcun modo “brutto” né tantomeno fatto male, anzi rivede riunitasi la formazione che ha dato ai red hot la notorietà che hanno oggi e ha come produttore Rick Rubin, grandissimo volto dell’industria con il quale la band aveva già collaborato durante le incisioni di Blood Sugar Sex Magik e Californication. Ci si aspetterebbe da così tanta familiarità di talenti un’opera niente di meno che spettacolare eppure non è così e forse è proprio questo il problema.
Quest’album risulta scritto e prodotto in maniera impeccabile proprio come c’era da aspettarsi: il basso di Flea, la chitarra di John Frusciante, la batteria di Chad Smith e la voce di Anthony kiedies fanno tutte il loro lavoro, ma nulla di più e sfortunatamente nulla di diverso. L’opera cerca fortemente di risultare nostalgica ma in questo tentativo non fa altro che sembrare “già sentita”. è infatti impossibile non notare le somiglianze fra i brani di quest’album e quelli che invece hanno reso famosi i Red Hot Chilli Peppers in passato, trasformando quindi quella che, se fatta con buon gusto, poteva essere una specie di firma o citazione, in una sorta di auto plagio intellettuale. È proprio questo dualismo fra l’oggettiva qualità dei brani e il discutibile impegno e originalità usati per comporli che danno a questo disco (di, ricordiamolo, 1 ora e 13 minuti) una sensazione di anzianità che un disco uscito da 2 mesi non dovrebbe avere.
Si spera che il ritorno di Frusciante e la quantità di aspettative deluse da questo disco dia ai Red Hot quella spinta in più che gli manca da ormai quasi una decade, e che possano decidere quando sarà il momento di ritirarsi con un ultimo album degno dell’impatto che hanno avuto sulla musica negli ultimi 40 anni, perché se dovesse succedere che la loro carriera come gruppo finisse oggi, lascerebbero come ultimo lavoro l’incarnazione musicale della frase “sono bravi ma non si applicano”.