Di Sofia Di Stefano. Cristina,Elena,Ilaria,Lilia,Silvana,Marzia,Domenica,Camilla,Carol.Apparentemente solo nomi,che non suscitano alcuna reazione,non provocano alcun effetto,eppure non sono nomi,sono donne,vittime per alcuni,artefici del proprio destino per altri.Colpevoli di ricercare la tanta sognata felicità,di credere nell’amore,tanto da morirne,protagoniste a loro discapito di una triste pagina della loro vita,del mondo,“il femminicidio”.Epilogo di un ciclo di violenza di genere,di violazione dei diritti umani privati e pubblici,che colpisce ogni sfera più intima e vitale.Questo termine,si diffuse in Europa nei primi anni del XXI secolo,attraverso la divulgazione dei gravi fatti di Ciudad Juarez,città messicana,nota sia per le innumerevoli sparizioni e uccisioni di donne,che per i successivi movimenti femministi.Purtoppo siamo di fronte ad una piaga dell’umanità,che veniva in passato giustificata dal cosiddetto “delitto d’onore”,che fino al 1981 prevedeva uno sconto di pena per gli uomini che avessero ucciso mogli o sorelle,ma nel 2022 le attenuanti non si sono esaurite,condannando così la donna a subire un ulteriore violenza,l’essere ritenuta “l’artefice del proprio destino”,a cui viene imputato di sentirsi autosufficiente,uscire la sera tarda e lasciare a casa marito e figli,o di non sbrigare sempre le solite faccende domestiche,o di farsi accompagnare da un collega. Ed è proprio tra quelle mura domestiche,gabbia, di quell’amore tanto desiderato,di un’anima annichilita,che si consuma l’atto finale,la morte. Forse qualcuno sentirà urlare,delle voci forti dietro il muro,e la solidarietà,si farà largo in un mare di indifferenza.I dati sempre più elevati,testimoniano un’escalation di questo“fenomeno”, nel 2019 entra in vigore il codice rosso,una legge,volta a tutelare donne e soggetti deboli che subiscono violenze,da migliorare in alcuni tasselli,sicuramente.La società,non smette di guardare con occhio inquisitore la donna,d’altronde è dall’alba dei tempi che la colpa ricade su di lei.