Di Alessia Panzironi. Fa rabbia sapere che negli anni più recenti, gli episodi di violenza sulle donne e i femminicidi sono aumentati anziché diminuire e che le innumerevoli storie di vittime innocenti, a cui è stata strappata la vita, prima ancora la dignità e la libertà, si sono concluse con un “questa si poteva evitare”.

Esiste un concetto dal quale non bisognerebbe mai abbassare la guardia: la libertà, una condizione che senza distinzione di sesso appartiene a tutti.

Ed è proprio la libertà di esprimersi, di agire, di essere, che troppo spesso, nella vita privata di una donna, tra le mura domestiche, viene messa in discussione, peggio ancora sottratta con prepotenza.

Questo succede non sempre usando le mani. A volte, ci sono modalità più subdole e latenti che cominciano con fatti considerati “non così gravi” ma che in realtà dovrebbero risuonare da campanellino d’allarme.

Il linguaggio paraverbale, per esempio, è comunque una forma di controllo, violenza e negazione della libertà: sguardi minatori, parole offensive, minacce, tutto dovrebbe passare minuziosamente al vaglio.

È mortificante, ma sono ancora troppe le donne vittime di controllo, denigrate e private della libertà di essere libere che, anziché vivere un rapporto di coppia alla pari, finiscono per provare timore, inibizione e per essere oggetto di odio, violenza e rabbia.

Nonostante siano tantissime le campagne di sensibilizzazione organizzate per combattere questa piaga, forse mancano ancora gli strumenti pratici per annientarla.

Un aiuto concreto dovrebbe provenire dalle istituzioni: la violenza in ogni sua forma, morale o fisica, blanda o non, dovrebbe essere comunque e sempre condannata.