Di Sara Scarozza . Legge 22 maggio 1978, numero 194 “ogni donna ha la possibilità di richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, familiari, sociali, economici”. Semplice Utopia. Una donna in Italia ha la possibilità di trovare senza difficoltà una struttura che la accompagni nella pratica dolorosa, fisica ma soprattutto psicologica, dell’aborto, senza trovare nessuna difficoltà e ostacolo. Bellissimo film di fantascienza irrealizzabile. Sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100% di obiettori di coscienza per medici, ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%. Questa è la realtà in Italia, una donna deve avere la fortuna di trovare una delle strutture idonee nella sua città, se no si vede costretta a dover girare altre regioni per avere la possibiltà di interrompere la gravidanza per delle motivazioni personali, con la paura che nel trovare una struttura e un appuntamento disponibile si rischi di non rientrare più nelle tempistiche. L’interruzione di gravidanza in Italia però è un diritto e pure tutelato da una legge, la situazione attuale fa poco pensare a un diritto, ma quasi di andare a richiedere un privilegio. Le donne nella storia si sono battute anni per riuscire a ottenere un risultato del genere, ottenere un diritto di questo calibro, e adesso a distanza di anni nel 2022 si stanno quasi vanificando tutti quelli sforzi che sono stati fatti. Trascorsi i 90 giorni la possibilità di abortire non viene eliminata del tutto, ma la scelta racade solo ed esclusivamente nelle mani del medico di turno che capita alla donna, ovvero si può richiedere un aborto solo per motivi terapeutici. Non viene preclusa la possibilità di abortire ma bisogna dimostrare l’esistenza di un pericolo gave per la salute e per la vita della donna oppure è che il feto soffre di una malformazione che potrebbe compromettere l’equilibrio psichico della donna in gravidanza. Non è sufficiente che il feto abbia una malformazone, ma occorre che tale situazione arrechi un serio danno, per motivarlo non basta l’opinione della donna, ma occorre che uno psicologo o una psichiatra rilevi e certifichi questo nesso causale. In questo caso però è presente un enorme buco nell’acqua, fino a quando si può procedere l’aborto terapeutico? Una bella domanda a cui nessuno sa rispondere, solo delle risposte incerte e molto vaghe a cui nessuno sa dare un punto fermo. Poi bisogna pure tenere in considerazione il fatto che se durante una di queste visite per avere il certificato per procedere con l’aborto terapeutico sia presente uno o più obiettori di coscienza, bisogna dire che la situazione cambia e di molto, quindi una donna fa prima a mettersi l’anima in pace a dover combattere per un suo diritto o semplicemente andare in un altro paese dove è possibile effettuale tale intervento. Infatti nel caso capiti un obiettore di coscienza si vanno a scontrare due diritti, quello del medico di avere il proprio pensiero e ideale e quello della donna di poter abortire. Ma bisogna parlare chiaro, ci troviamo in Italia, sede del vaticano e della chiesa cattolica, dove il feto viene equiparato a una persona sin dal momento del concepimento, quindi da questo punto di vista una qualsiasi interruzione di gravidanze per loro è omicidio, stai togliendo la vita a un essere vivente anche se non è ancora formato. Ci troviamo in Italia dove le leggi vengono scrite e sono utili solo per riempire degli spazi sulla carta bianca, quindi direi che in questi tempi prima di procedere con un qualche cosa è meglio vedere quali sono le leggi che fa più comodo applicare.