Di Gabriele Dominici. Il presidente dell’Iran, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, continua la repressione contro la popolazione ribelle con sempre più ferocia, chiedendo alle forze dell’ordine di agire con fermezza contro i dimostranti. Il massimo esponente del governo iraniano punta il dito contro il mondo occidentale, colpevole, a suo dire, di “aizzare” il suo popolo a manifestare contro lui.
La repressione violenta della polizia, però, non ferma la protesta delle donne iraniane, una protesta che si sta trasformando in una sfida, sempre più radicale, al regime degli ayatollah e che innalza il livello di tensione tra Teheran e molti Paesi occidentali.
Dopo la morte in una caserma della 22enne curda Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale perché indossava il velo in maniera inappropriata, un’altra ragazza è finita nella morsa della repressione, Hadith Nafaji, la famosa eroina dei cortei diventata virale per un video in cui, come gesto di sfida, mostrava di legarsi i capelli prima di manifestare.
I due episodi hanno contribuito ad aumentare ed inasprire le proteste, spingendo le folle alla resistenza nelle piazze al grido di “donne, vita, libertà”, mentre le manifestanti sventolano i loro hijab e per sfida li bruciano creando falò improvvisati sotto gli occhi delle autorità.
Questo pugno di ferro da parte del regime non placa le proteste, ma sta generando la ferma condanna degli stati di tutto il mondo; i fatti accaduti durante le manifestazione hanno sensibilizzato il mondo occidentale che attraverso tweet e gesti forti stanno dimostrando vicinanza ai manifestanti.
La protesta nei confronti delle repressioni del governo iraniano giunge anche dai giocatori della stessa nazionale di calcio che nell’amichevole contro il Senegal, durante l’inno, hanno coperto le divise con lo stemma della loro nazione con una tuta nera. Un evidente segnale contro il regime e soprattutto un gesto eclatante e significativo di solidarietà nei confronti delle donne.
È follia pensare che, al giorno d’oggi, esistano ancora paesi dove le donne per ottenere gli stessi diritti e libertà degli uomini debbano mobilitarsi in manifestazioni troppo spesso sanguinose e che siano perseguitate in nome di una religione che rappresenta per certi governi un alibi troppo scontato.
Il regime di Teheran, che per troppo tempo ha potuto contare sulla indifferenza della maggioranza dei paesi, si trova oggi, grazie ai media, a dover rispondere delle proprie nefandezze all’opinione pubblica mondiale. L’aumentare delle manifestazioni a sostegno delle donne iraniane, le denunce e le testimonianze rilasciate fuori dal paese hanno spinto i governi dei paesi occidentali a prendere una ferma posizione e a condannare pubblicamente il regime totalitario del paese.