Di Giulia Mezzanotte.

A dire la verità, non so neanche come sia successo di essere già a giugno. Giugno, che significa la fine del mio primo anno di università e, con questo, anche la fine di ben due corsi che l’idea di università me l’hanno del tutto rivoluzionata.

Iniziando con il laboratorio di redazione giornalistica, durante il primo semestre, avevo già capito che quello del professor Palma non sarebbe stato un insegnamento come quelli che ti aspetti di ricevere in un ambiente accademico e austero che una matricola si aspetta.

Alla fine di quei mesi, infatti, ero intimorita dal fatto di non avere più quella “boccata d’aria” in mezzo alla settimana. Ho sempre percepito così il corso perché, a differenza di quelli in cui ci si siede solo per prendere appunti ed ascoltare interminabili minuti di lezione, lì c’era sempre stata una continua interazione, scambio di idee e soprattutto conoscenza profonda con i compagni e con il professore.

Scontato dire che, quando ho saputo che avrei potuto intraprendere un percorso simile con l’insegnamento di giornalismo televisivo, mi sono fiondata ad iscrivermi.

Ovviamente le aspettative non sono state affatto deluse. A dire la verità, il corso degli ultimi mesi mi ha entusiasmato anche di più del laboratorio. Questo perché, forse, avendo imparato a conoscere le modalità e l’ambiente che avevo adorato da ottobre, questa volta mi sono sentita sempre più a mio agio ad ogni lezione. Va da sé che ho potuto trarre ancora più benefici da ogni singolo istante in quell’aula, con persone tutte da scoprire ed un professore che non ha masi smesso di stupirci.

Durante il corso di giornalismo televisivo, gli argomenti affrontati sono stati davvero arricchenti, sia per il contenuto che per il modo in cui sono stati trattati.

Oltre ad una crescita in me delle nozioni, che mi auguro di poter applicare in un mestiere che spero di intraprendere, mi sento particolarmente cresciuta anche interiormente, dal momento che avuto modo di conoscere e approfondire tanti temi che troppe volte avevo dato per scontati o su cui non mi ero mai davvero soffermata.

L’audacia, l’intraprendenza e la stima con cui il professore ci ha sempre spinti a dare il meglio di noi, in ogni singolo articolo, tg o inchiesta, era qualcosa che, ad oggi, mi sono davvero resa conto di aver avuto bisogno.

Sento in me quell’entusiasmo di chi, nonostante la fine di un percorso, non vede l’ora di iniziarne un altro e buttarsi dove probabilmente non si avrebbe il coraggio di andare, se non fosse per tutto ciò che ha ascoltato e vissuto negli ultimi mesi.

Come dissi nell’articolo di fine laboratorio, sostengo ancor più pienamente, anche oggi, che probabilmente l’unica cosa che posso reputare sbagliata, detta dal professor Marco Palma sia: <<Fra qualche anno magari neanche vi ricorderete di questo corso.>>

Sono decisa a sostenere che questa esperienza resterà nella mia mente e nel mio cuore per un bel po’ di tempo perché, ogni giorno in cui mi ritroverò ad affrontare un piccolo step verso il raggiungimento dei miei obiettivi e verso una Giulia appagata dal proprio mestiere e dalla propria vita, il mio stile nel farlo sarà sempre quello che mi è stato insegnato in quell’aula T33, quello che ho fortunatamente conosciuto grazie ad un fantastico giornalismo di vita.

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