Di Alessia Varlotta.  Vulvodinia, endometriosi e fibromialgia; le malattia invisibili che colpiscono le donne e considerate “malattie senza nome” associate per lo più  a sintomi paranoici, pazzia ed esagerazione di un dolore che “hanno tutte”.

Tutt’oggi il dolore che deriva dalle malattie genitali femminili sembra essere un tabù; è un dolore che deve essere sopportato in silenzio nonostante sia talmente invalidante da costringere molte donne ad abbandonare il lavoro e a cercare, invano, una diagnosi.

Solo negli ultimi anni si è discusso un disegno di legge che riconoscesse vulvodinia, endometriosi, fibromialgia e neuropatia del pudendo come malattie invalidanti e non più come disturbi psicosomatici. Prima di arrivare ad una diagnosi effettiva infatti una donna può aspettare anni; anni in cui oltre al dolore fisico esiste un dolore psichico che porta ad un forte senso di colpa nei confronti del proprio corpo per cui molto spesso, a causa di ciò, le donne abbandonano la propria battaglia e sopravvivono nella consapevolezza di essere sole; non è così.

Queste malattie sono tutt’altro che rare, tre milioni di donne sono coloro che sono riuscite ad avere una diagnosi ma non si può escludere il fatto che ne esistano altrettante che sono ancora in attesa.

Sono malattie limitanti a livello fisico, estremamente costose perché le cure sono tutte a carico delle pazienti e difficilmente riconosciute a livello medico nonostante siano sempre più diffuse tra le donne. Sono malattie ancora senza voce e sono ignorate dalla medicina, addirittura ridotte a volte ad un “fai figli e vedi che ti passa”.

Ultimamente la battaglia per vincere su queste malattie è ancora più forte grazie alla divulgazione di molte attiviste sui social; il grande impatto avuto online si spera possa velocizzare i tempi per dare un aiuto alle donne che non possono sostenere tutte le spese mediche,  anche se da queste malattie non si può guarire a pieno ma si può convivere nel “miglior” modo possibile.

Queste malattie non vanno viste solo dal punto di vista ginecologico, la sensibilizzazione deve essere sulla donna nella nella sua totalità perché il dolore esiste ed è tutto fuorché invisibile.