Di Angie Rakotomavo.

Domani  sarà l’ultima lezione di questo laboratorio. Un senso di tristezza mi pervade il cuore. Da quando è iniziato, il lunedì è diventato per me uno di quei giorni della settimana che si attende con impazienza perché c’è qualcosa di bello. E cosa c’è di più bello di viaggiare? Sì, perché in quelle tre ore di lezione noi facciamo proprio questo: viaggiamo esplorando i meandri delle nostre anime.

Entriamo in contatto con noi stessi attraverso le esperienze, i pareri e le posizioni degli altri. Siamo messi tutti nelle condizioni di poterci esprimere liberamente, chiaramente nel rispetto e nella cordialità. Si respira aria di empatia, comprensione e maturità in queste lezioni. Ho visto personalità introverse, riservate, schive aprirsi con quelli che inizialmente altro non erano che sconosciuti. La una naturalezza con cui avveniva ciò era impressionante. Ho visto negli occhi dei miei compagni la commozione, la delicatezza e il tatto con cui si sono approcciati a determinati argomenti. Mi sono ritrovata spesso anche io a celare furtivamente le lacrime, finché non si è affrontato anche il discorso della fragilità umana, quasi fosse stato fatto apposta per legittimare, se non addirittura valorizzare, il pianto. Ho pianto e mi sono sentita viva. Ho sentito sulla mia pelle le emozioni dei compagni, mi sono calata nelle vicende di tutti e mai mi sono arricchita così tanto.

Ho imparato a guardare negli occhi le persone, far caso al tono di voce e al modo di parlare per capire che dietro quei corpi, vestiti chi in un modo chi un altro, c’erano degli abissi. Persone così ricche interiormente, tutte con un potenziale immenso, del quale spesso neanche erano a conoscenza. Finché non arrivò un Professore un pò insolito che prendendo uno specchio, li invitò a guardarsi, ad aprirsi come fiori ad un’aula gremita di gente. Assistere alla meraviglia di questo spettacolo che è la vita, e partecipare con un mio verso (per citare Whitman) è stato un onore.