Di Maria Nocera.Telegram è il nuovo PornHub, o peggio. L’app di messaggistica è ben nota per le sue controversie, e gli scarsi controlli effettuati sui contenuti condivisi non sono un segreto alla comunità di utenti che ne approfittano per perpetrare comunicazioni illecite. Oltre 13 milioni di account. È questo il numero di persone coinvolte nella condivisione di contenuti pedopornografici e di revenge porn sulla piattaforma; e parliamo solo dell’Italia. Un dato che fa riflettere sull’effettiva efficacia di quello che è un sistema d’indagine presumibilmente valido, evidentemente disfunzionale, e indubbiamente poco incisivo; critiche che al corpo di polizia non sono di certo sfuggite. Quelle della pedopornografia e del revenge porn, sono due dimensioni già ben note e largamente discusse in più ambiti, e Telegram è solo uno dei tanti canali utilizzati per la loro diffusione; ciò che disturba e disgusta è come un social tanto noto e di successo possa permettere che contenuti del genere vengano condivisi senza alcun tipo di conseguenza. E questo causa forti ripercussioni nelle vite delle vittime per sempre segnate da un trauma che nessuna associazione no-profit può cancellare; senza citare i danni psicologici insorgenti nelle menti di chi abusa di tali contenuti. Non è un caso che piattaforme come Whatsapp intensifichino continuamente i loro controlli sulla privacy, e non lo è nemmeno l’impossibilità di Instagram di postare contenuti eccessivamente disturbanti. Le soluzioni al problema potrebbero essere più semplici del previsto, ma in un’ottica strettamente aziendale fondata sul primato del profitto sulla moralità, privarsi di milioni di utenti non converrebbe. Allora forse il vero problema va individuato ancora più a fondo: la capacità delle grandi aziende di deresponsabilizzarsi sorprende ogni volta, ed è quasi perfettamente plausibile sostenere un’ottica in cui la colpa è esclusivamente di chi condivide foto e video illegali. I prodotti di una società spesso esacerbata da valori sbagliati, da personalità disturbate, da modelli di comportamento interiorizzati fin dalla nascita, e la lista potrebbe proseguire a lungo. Tuttavia, trovare un colpevole non risolverà la questione: la verità è che in un sistema le cose diventano disfunzionali nel momento in cui nessuna delle parti coinvolte agisce per impedirlo, e finché non si inizierà ad individuare una soluzione invece di soffermarsi solo sul problema, la pornografia non consensuale continuerà ad esistere.