Di Giulia Scaravelli. A pochi giorni dal mesiversario dalla strage di Suviana, l’ombra delle morti (tragiche) sul lavoro torna imponente ad oscurare il nostro paese.

E ancora una volta ci troviamo a piangere disgrazie che avrebbero potuto essere evitate con l’applicazione delle corrette e adeguate normative esistenti a tutela dei lavoratori che , nonostante le costanti lotte sindacali, continuano ad essere trascurate o sottovalutate.

Ancora una volta queste vicende riportano a galla le problematiche interne al mondo del lavoro italiano, che sembra non mostrare alcun tipo di rispetto nei confronti dei lavoratori e nessun’interesse nella loro tutela.

Un mondo del lavoro pensato per chi sta i vertici e non per gli operai che si sporcano le mani per realizzare i progetti provenienti dall’alto.

Un mondo del lavoro che si basa su appalti e subappalti che si perdono in una sfilza di contratti che giocano al ribasso a scapito della vita delle persone.

Un mondo del lavoro nei confronti del quale i controlli sono troppo spesso inconsistenti per la paura di dar disturbo a chi “da lavoro”; facendo passare in secondo piano i diritti di chi quel lavoro lo svolge.

E ancora una volta a noi cittadini non resta che volgere lo sguardo verso la politica per avere risposte.

 

A Casteldaccia, comune della città di Palermo, 5 lavoratori del Quadrifoglio Group (tra cui anche uno dei proprietari) tra i 28 ed i 71 anni hanno perso la vita a causa della mancanza dei dispositivi di sicurezza.

L’ipotesi più accreditata è che ad uccidere gli uomini sia stata l’esalazione dei gas tossici sprigionati dai liquami durante l’intervento degli operai presso il sistema fognario di via Nazionale. Il maggiore “indiziato” sembra essere l’H₂S (idrogeno solforato); si tratta di una sostanza estremamente tossica e difficile da intercettare inquanto il suo tipico odore sulfureo diventa sempre più leggero ed impercettibile con l’aumento della concentrazione del gas; il che significa che quando la concentrazione raggiunge livelli letali, non è più possibile percepirne l’odore.

A confermare la letalità della situazione la dichiarazione del comandante dei vigili del fuoco che non lascia dubbi: “Con quella concentrazione di gas i lavoratori non avevano scampo”.

 

Dalle prime ricostruzioni sembrerebbe che a scendere nella vasca e ad accusare per primi malori siano stati inizialmente solo due degli operai, mentre gli altri tre uomini sarebbero morti nel tentativo di soccorrere i propri compagni.

Un sesto operaio, un sessantaduenne che ha riportato un grave danno polmonare da esalazioni di sostanze tossiche, è sopravvissuto ed è attualmente ricoverato in condizioni critiche presso il Policlinico.

A scamparla anche altri 3 operai che non si sono calati nel tunnel colmo di gas, ma sono stati portati all’ospedale Termini Imerese per precauzione; risultano comprensibilmente sotto shock ma sembrano non aver riportato particolari danni.

Uno dei sopravvissuti ha dichiarato di aver sentito le urla dei primi due colleghi, che avrebbero poi attirato il secondo gruppo di tre operai intervenuto in loro soccorso;  testimonianza che confermerebbe l’ipotesi degli inquirenti di un crollo all’interno della vasca in cui i lavoratori stavano operando.

 

Il comandante dei vigili del fuoco ha affermato che dato l’ambiente in cui si apprestavano a lavorare avrebbero dovuto indossare delle apposite maschere, ma che al momento del ritrovamento dei corpi tali dispositivi di sicurezza non sono stati rinvenuti sui corpi o nelle loro vicinanze.

Sono inoltre emersi dei dubbi sul perché gli operai si siano calati all’interno della stazione di sollevamento dato che, secondo il contratto d’appalto stipulato tra la Amap e il Quadrifoglio group, il progetto prevedeva che l’aspirazione dei liquami avvenisse dall’esterno tramite un autospurgo, e non che il personale scendesse sottoterra, il che spiegherebbe la mancanza dei dispositivi di sicurezza.

Rimane quindi un mistero il perché gli operai siano scesi sottoterra e le vicende che hanno seguito questo cambio di programma.