Di Giulia Frigeri. Drake, uno dei cantanti più influenti nel mondo della musica, ha intrapreso una causa legale contro Spotify e Universal Music Group, accusandoli di manipolare il successo di un suo rivale, Kendrick Lamar. Il rapper non si è fermato davanti a nulla pur di denunciare ciò che considera sleale e dannoso per la sua carriera. Le accuse riguardano la manipolazione artificiale dei numeri, ovvero l’uso di bot per aumentare gli stream di un brano di Kendrick.

Secondo la causa, Spotify avrebbe raccomandato il brano di Lamar agli utenti che cercavano altre canzoni, un’operazione che avrebbe manipolato i dati di ascolto. Ma non è finita qui, UMG avrebbe pagato influenze sui social per spingere il brano ancora di più, raggiungendo un pubblico maggiore. L’accusa è grave, il mercato musicale, secondo Drake, non è più un campo di gioco equo.

In una realtà dove ogni stream conta e ogni parola sui social può cambiare le sorti di una carriera, Drake si è trovato davanti a un nemico invisibile.

La causa legale di Drake non è solo una battaglia contro un singolo brano o un artista. È la manifestazione di un clima che rischia di compromettere la propria libertà di espressione musicale. Un attacco a un sistema che dovrebbe premiare il talento, ma che rischia di diventare una macchina dove i veri protagonisti sono solo i numeri, i bot e le strategie di marketing.

La risposta di UMG e Spotify non si è fatta attendere. Entrambe hanno negato ogni accusa, ribadendo che tutte le pratiche sono legali e trasparenti. Le accuse di Drake sollevano una questione che potrebbe avere ripercussioni ben più ampie per l’intero settore musicale.

La domanda che rimane è: se l’industria musicale diventa un gioco di numeri e manipolazioni, chi vincerà veramente? Non sarà più la musica a parlare, ma la potenza dei numeri e delle strategie invisibili. Questo processo non è solo una battaglia tra due artisti, ma una sfida per il futuro della musica stessa.

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