Di Miriam Di Vincenzo. Mi sembra ieri la prima lezione del corso. Ricordo ancora la luce del sole, offuscata dalle nuvole, battente sulla finestra dell’aula T33. Quel giorno non avevo aspettative particolari sul corso, ma le avevo su di me. Pensavo di non essere all’altezza visto che scarseggiano i corsi sul giornalismo e non pensavo di essere in grado di poter gestire le richieste del professore. A mia grande sorpresa, non avere esperienza non importava, il professore è sempre stato lì a porgerci la mano e ad indicarci la giusta direzione. Grazie a lui ho capito quali sono e saranno i miei carpe diem e l’importanza di seguire il mio istinto e non abbattermi, perché chiusa una porta se ne aprono altre cento.
La cosa che ho preferito di più del corso è stata la possibilità di parlare apertamente. Non mi sono mai sentita fuori posto nell’esprimere il mio pensiero e parere. Non siamo mai stati sottovalutati perché, anche se siamo giovani, possiamo avere anche un nostro pensiero critico e dobbiamo esprimerlo.
I dibattiti sono stati i momenti più intensi delle lezioni, hanno fatto uscire le nostre personalità e la nostra umanità, ma soprattutto mai un bavaglio né negli articoli, né nei dibattiti, ma, rispettando sempre la regola numero uno del corso: il rispetto del pluralismo dei pensieri.
La possibilità di simulare i telegiornali, avere delle scadenze per gli articoli, le inchieste e i dibattiti mi ha fatto capire com’è il mondo del lavoro nell’informazione e quanto io ami questo mestiere, nonostante i rischi. Se potessi tornare indietro rifarei senza dubbio giornalismo televisivo.