Di Fabiana Fava. Giovedì 26 novembre. Ore 23.30. Urla strazianti seguite poi da un silenzio assordante, l’inizio della fine.
Un’altra storia maledetta che ha per protagonista una donna, un’altra vita rubata prematuramente che si aggiunge alle altre 68 solo in questo 2020.
Aurelia Laurenti, giovane donna di 32 anni , ha trovato la morte ad attenderla proprio nella sua abitazione a Roveredo in Piano (Pordenone). Abitazione che condivideva con i suoi due figli e un marito, quello stesso marito che diceva di amarla alla follia e proteggerla Forse è stato proprio quell’amore folle che ha portato Giuseppe Mario Forciniti, in un raptus d’ira ad assassinare brutalmente la moglie, accoltellandola più di 20 volte. Vane sono state le urla strazianti di lei, udite anche dai vicini che non hanno impedito la sciagura, che non è riuscita a sopravvivere all’impeto di rabbia in cui suo marito era avvolto. E il figlio di appena 8 anni, capendo che, nonostante la sua età, tra la mamma e il papà il rapporto era diventato drammatico, lasciava bigliettini sul comodino del padre “Lascia perdere – scriveva – pensa al lavoro”.
L’esame autoptico sul corpo di Aurelia è stato estremamente complesso, come precisato dal procuratore di Pordenone, Raffaele Tito: “Numerosi fendenti sono stati assestati con notevole forza: quasi tutti i colpi sono andati a segno al viso e al collo della vittima. L’esame ha evidenziato molta violenza da parte dell’aggressore.”
Come in tante altre tragedie, il movente è quello passionale: Forciniti infatti non accettava l’idea di una separazione dalla moglie dopo che quest’ultima aveva scoperto delle relazioni extra coniugali di lui.
Dopo averla massacrata e lasciata in una pozza di sangue, Forciniti avrebbe portato nel cuore della notte i suoi due figli di 8 e 3 anni (presenti nell’abitazione al momento della mattanza seppur in un’altra stanza) dal cognato. Dopodiché ancora sporco del sangue di Aurelia si è recato in Questura dove si è costituito.
Nella sua deposizione, ritrattata molte volte, Giuseppe Forciniti ha tentato di giustificare l’atto atroce verso la sua compagna poiché in preda a stress dovuto alle dure ore lavorative nei reparti dei pazienti Covid-19; egli stesso ha dichiarato “mesi molto duri, lavorando sotto stress. Mercoledì sera in camera c’è stata l’ennesima lite e tutto è trasceso.”
Come se in qualche modo lo stress potesse essere un’attenuante alle feroci 20 coltellate inferte su viso e collo attraverso le quali ha posto fine alla vita di sua moglie, togliendola per sempre alla sua famiglia e soprattutto ai suoi due bambini.