Di Francesco Stefanelli. Giunti dalle remote regioni dello spazio e del tempo, così infine la loro stella ha smesso di splendere nel firmamento. 28 anni di magia trascendentale, così inarrivabile, eppure così umana. I Daft Punk hanno rappresentato per la musica elettronica qualcosa di paragonabile ai Beatles per il pop. La loro storia, culmine di un sodalizio artistico tra Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter, è giunta alla fine proprio pochissimi giorni fa, e l’eco di quel fulmine a ciel sereno riecheggia ancora nell’aria. “Epilogue” è la loro ultima testimonianza verso l’umanità, uno scenario alienante e selvaggio pone fine alla magia, il tutto accompagnato dalle note finali del loro brano Touch e da un tramonto paradossalmente rassicurante, poichè nonostante tutto la loro musica rimarrà alle generazioni future nei secoli dei secoli. Tutto nacque quando i due giovani artisti parigini si esibivano al Centre Pompidou a metà degli anni 90, differenziandosi fin da subito nella scena frenchcore underground per il loro eclettismo nelle composizioni, portando il duo a pubblicare il loro primo LP Homework. Funk, Disco music, Rock, House, molteplici le ispirazioni del loro sound, con un gusto raffinato e ricercato, dove ogni sample è messo dove dovrebbe stare esattamente senza mai sfociare nella ripetizione. “Ci fu un incidente nel nostro studio. Stavamo lavorando con il campionatore e questo, esattamente alle 9:09 del 9 settembre 1999, esplose. Quando riprendemmo conoscenza, ci accorgemmo che eravamo diventati dei robot”. Questa era la storia dietro la scelta di indossare i loro iconici caschi, uno strumento non solamente visivo e di estetica, nulla è a caso. Il loro estraniarsi dall’umanità, se così si vuole intendere, ha permesso sia un’immedesimazione dell’ascoltatore nella vita di un automa, capendo attraverso i messaggi della loro musica che nonostante tutto con l’amore e la musica anche la più fredda delle macchine in fondo è umana, ma anche elevandoli a leggende viventi al di là dell’ignoto. Discovery è la magna opera che riassume tali concetti. Un viaggio attraverso l’animo umano, riassunto in una storia dalle tinteggiature extraterrestri ma vicine all’uomo. Amore, l’amore è la forza motrice dell’uomo in questa storia, che riesce a superare ogni difficoltà e a dare il lieto fine. Un sentimento che appunto è universale, che esso sia generato da un uomo, un alieno o una macchina. Sarà poi Human After All a dare una maggiore introspezione sul ruolo delle macchine nella società, un album intriso di cavi elettrici, meccanismi complessi e argomenti tutt’ora attuali circa il futuro dell’uomo in rapporto al mondo digitale. Random Access Memories, il titolo del loro ultimo album, vuole mostrare le influenze che hanno portato ad essere quelli che sono i Daft Punk, e in un certo verso può essere inteso come un epitaffio. Le sensazioni che vengono suscitate sono le stesse che caratterizzavano i poeti dei laghi nella letteratura inglese: il ricordo di momenti passati suscitati dai sensi a contatto con oggetti familiari. In R.A.M. si riassume il cammino dei due artisti durante gli anni, e si captano comunque i segni della fine. Ma non tutti i finali vanno intesi malamente. Come dicono in Get Lucky “come la leggenda della fenice, tutto finisce con l’inizio”

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