Di Mattia Liberti. Ciò che più mi spaventa è la possibilità di potermi trovare tra dieci anni a “sopravvivere”, ad andare avanti facendo qualcosa che non amo, a vivere una vita frustrante, almeno professionalmente parlando. Voglio lavorare per evitarlo, voglio lavorare per diventare la miglior versione di me stesso e svegliarmi ogni mattina con l’entusiasmo di fare ciò che mi rende felice. Cosa vuoi fare da grande? Questa domanda perseguita chiunque fin dalla più tenera età, da bambino la prendi come un gioco, sogni e vaghi con la fantasia facendo le più rosee previsioni, ma a vent’anni questo quesito ti terrorizza. L’università è quel momento in cui devi scegliere che strada percorrere, non puoi più temporeggiare, non puoi più rifugiarti nel “chi vivrà vedrà”; è il momento di prendere in mano la propria vita e costruirsi delle possibilità.
Io, come milioni di studenti universitari e di ragazzi in generale, ci sto provando, sto provando a seguire le mie passioni e le mie idee per costruirmi un futuro e Tor Vergata è solo la tappa iniziale di questo percorso. L’università ti offre la possibilità di acquisire tantissime conoscenze, dal punto di vista culturale e umano, è fondamentale cercare di assorbire il più possibile in ogni occasione e di trarre il meglio da ogni insegnamento. Al contempo la difficoltà sta nel non accontentarsi, nel non essere un ricevitore passivo di tutto ciò che ti viene insegnato, e, nel non limitarsi a dare esami per inerzia senza aver avuto una significativa crescita personale, tanto per avere un pezzo di carta o per non deludere le aspettative di qualcun altro. In questi casi secondo me sarà stato un percorso privo di valore, o quasi.