Di Noemi Tripodo.
La morte non ha mai senso, soprattutto se a perdere la vita è un ragazzo di soli 18 anni. Francesco si è trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato; una lite tra ragazzi che neanche conosceva, poi degli spari, la corsa in ospedale e la morte la notte del 20 marzo.
Un caso che mette in luce quanto ad oggi sia facile perdere la vita, essere uccisi per un nulla.
L’aggressività è la caratterista principale in questi ragazzi, che uccidono a sangue freddo un loro coetaneo come fossero dei perfetti capimafia. Killer spietati, assassini senza pudore.
Solo un mese fa perdeva la vita Thomas con un agguato in piena regola; due ragazzi su un motorino aprono il fuoco e lo colpiscono per poi darsi alla fuga. Thomas con quei ragazzi non c’entrava nulla; uno scambio di persona che ha portato alla sua morte e al dolore immenso di una famiglia, e di una comunità.
Quello che emerge da questi episodi, oltre la brutalità degli atti, è l’età sempre più bassa dei carnefici; ragazzi tra 13 e i 20 anni che ormai con troppa frequenza usano le armi, massacrano di botte e uccidono persone, esseri umani.
Si prendono il potere di decidere quando una vita possa finire; decidono in che modo dobbiamo morire, quanto dobbiamo soffrire.
Una ferocia inaudita che trasforma giovani adolescenti, che dovrebbero solo divertirsi e impegnarsi nella realizzazione dei loro sogni, in brutali mostri senza un’anima.
Il continuo susseguirsi di questi eventi genera rabbia, panico, e incertezza; rabbia perché non c’è una spiegazione plausibile a tutto ciò, non c’è risposta alla domanda “perché lo hanno fatto?”. Panico e paura, perché così com’è successo a Francesco e a Thomas chi ci dice che i prossimi non potremmo essere noi? Ed incertezza verso un futuro che dovremmo prendere a morsi.
Lottare, è la parola chiave di questo articolo; lottare perché gli artefici dei delitti paghino la giusta pena, lottare per le famiglie delle vittime, lottare perché tutto ciò cessi. Perché finisca questa violenza.