Di Alfredo Arciero.
Un “pezzo” sul laboratorio di redazione giornalistica è forse l’impresa più difficile di qualsiasi altra redazione, questo perché dentro di me ho una nebulosa fatta di emozioni. P3 e T33 non sono più aule generiche, sono due aule in cui si respira un po’ di noi, sono pareti di testimonianze, sono sedie di consapevolezza. Il tre ottobre alle tre di pomeriggio, inconsapevole, dubbioso, timido ho scelto di entrare nella P3: ricordo gli sguardi prematuri, innocenti, dispersi dei miei compagni. Ad un certo punto entra un professore, ma subito da “un” diventa “il”. Il Prof. Palma non viene dai corridoi dell’università, ma da fuori, quel fuori che si chiama “vita”. L’aria nel laboratorio, al pronunciare dei suoi precetti cambia, si trasforma: “Voi avete 20 anni e a 20 anni avete il dovere di/non potete permettervi di”. Si è smosso qualcosa. Io nella mia testa che fino a quel momento non avevo mai riflettuto su quanto fosse importante avere venti anni ma ancor di più su quanto fosse importante ESSERCI, testa, cuore ma soprattutto pancia. E che cosa c’entra la vita con un laboratorio di giornalismo? Beh, dire giornalismo e dire vita è la stessa cosa. La vita è il demone del giornalismo, sono anima e corpo. Il giornalismo di vita è quello che esce dalle viscere, dalle lacrime, dai limiti. Ogni lezione ha portato con sé parte di me e viceversa: è stata una crescita graduale, ricca, consapevole. Ho pensato sempre di più che il laboratorio fosse quel luogo giusto dove sarei stato “me stesso” senza se e senza ma, ed infatti è stato così. Le rubriche di politica oltre ad essere una vera e propria esercitazione per il mondo del lavoro, sono state il mezzo in cui il mio nome aveva un senso e con lui anche tutte le battaglie di questi ultimi anni da giovane ragazzo omosessuale. “Tvgnews”, il giornale online del laboratorio, è in alto, un confessionale dei nostri pensieri, dei nostri perché, dei nostri sogni. Proprio così, ed il mio sogno è quello di diventare un giornalista televisivo. Di certo prima del tre ottobre ero incerto poiché ero una persona molto ansiosa e insicura. Sono cambiato tanto, ho osservato tanto, ho ascoltato tutto quello che poteva arrivarmi di ogni dibattito, ho seguito ogni consiglio del professore, mi sono cibato di tante emozioni, ed il 19 dicembre esco dall’università con un quel “quid” in più che un uomo deve avere. Esco e mi dirigo verso il nuovo anno, direzione già segnata: mi aspetta una nuova avventura: quella di “giornalismo televisivo” e non vedo l’ora di iniziare. Altri tre intensi mesi di sviluppo veloce, fondamentale. Il laboratorio può essere anche finito nella dimensione temporale della realtà, ma nel nostro “kairos” è e resterà sempre vivo. E sono convinto che tutti noi, quando gireremo con un microfono e taccuino, quando le persone ci sbatteranno in faccia la realtà delle loro vite più crude e pesanti, noi saremo pronti a recepire e a raccontare e il laboratorio sarà un filtro, uno scatolone da cui usciranno le emozioni ed oltre a quelle anche qualche “stomaco” nuovo per poter trovare il modo di affrontare la vita. Il prof. Palma è stato un ottimo Maestro e compagno di viaggio, “la misura” della realtà, l’esorcista delle nostre emozioni, il vigile dei nostri limiti, la provocazione alle nostre ansie e paure. Ho cercato di prendere tutti i suoi insegnamenti, a lezione, dalle sue parole, dalle sue pause, dalle sue domande, a ricevimento, dai suoi commenti ai nostri lavori. Simone, assistente storico, è stato un ottimo segretario e compagno di viaggio. Sempre disponibile a tutte le nostre richieste, sereno, e anche da lui c’è da apprendere molto, tra cui una cosa importante: la determinazione. La pagina di foglio sta per finire, e a breve dovrò concludere il mio pensiero su quest’esperienza, ho cercato di riassumere parte del mio vissuto, ma certe cose è impossibile spiegarle perché solo chi ha vissuto quest’esperienza le sente dentro. Ringrazio il prof. Palma, Simone, ed ogni compagno di viaggio che mi ha donato parte di sé e viceversa. Mi fa sentire davvero bene che da quell’aula usciremo noi, pronti a distinguerci, pronti a non mollare mai l’osso e a non perdere di vista l’obiettivo; con noi il mondo sarà un posto migliore. Cari lettori, se avete possibilità di entrare a far parte del laboratorio di redazione giornalistica, fatelo (se non l’avete, trovatela a tutti i costi). Non è un corso qualsiasi, né un corso che si trova altrove. Vi invito a crescere, a cambiare perché inevitabilmente lo farete, a scoprire parti di voi di cui nemmeno sapevate l’esistenza; imparerete una cosa che non si impara da nessun’altra parte: l’arte di saper ascoltare e di conseguenza comprendere. E a fine laboratorio, farete quello che sto per fare io: alzarmi la mattina, dirmi “ti voglio bene” allo specchio, uscire di casa e…poi Carpe Diem, pronto a qualsiasi contrattempo e alla vita che mi/ci aspetta.