Di Fabiola Capone Braga. Sono quasi otto mesi che le proteste tra Honk kong e la Cina continuano a imperversare.
Nel marzo duemiladiciannove la Cina ha emanato un disegno di legge sull’estradizione, che proponeva la deportazione di latitanti da paesi dove non vi sono accordi di estradizione.
Questo ha provocato sommosse e proteste da parte degli hongkonghesi, che sentitosi minacciati dalla Cina, hanno deciso di scendere in piazza; i numeri dei manifestanti sono stati impressionanti, da dodicimila a quasi un milione.
Questo ha portato al decadimento della legge sull’estradizione, ma non ha risolto i problemi, in quanto la Cina sta usando altri metodi per imporre la sua volontà.
Nel duemiladiciassette, è stata approvata una legge secondo cui ogni candidato leader di Honk Kong debba essere, dopo esser stato eletto tramite voto, pre-approvato da una commissione apposita, per lo più filocinese, poi vagliato dal governo di Pechino. La legge è stata applicata ultimamente per l’esclusione di Joshua Wong, attivista pro-democrazia per Honk Kong. La sua candidatura è stata ritenuta nulla perché non conforme con la Basic Low.
Proprio a causa del numero elevato di manifestati, la polizia ha deciso di reagire alla proteste con la forza, minacciando tramite video i dimostranti di un intervento militare da parte del Governo Cinese.
Sembra che questi ancora non abbia deciso di intervenire in quanto, se dovesse reprimere proteste a favore della democrazia, provocherebbe una forte reazione internazionale.
Un altro strumento del governo cinese è quello degli arresti arbitrari di dissidenti o coloro che vanno contro il partito comunista cinese, baypassando le leggi che regolano l’arresto degli abitanti hongkonghesi ed il loro trasferimento in Cina. Questo metodo ha fatto si che molti sostenitori delle protesta si astenessero alla partecipazione delle manifestazioni a causa di possibili ripercussioni sulle loro famiglie.
In ultimo vi è la manipolazione d’informazione, sia tramite la diffusione di notizie false che tramite il controllo di internet nel paese (tranne ad Honk Kong). Questo ha reso difficile la distribuzione d’informazioni sul tema delle proteste nel resto del paese, che essendo sotto controllo è stato male informato sulla situazione hongkongolese.
Per esempio, quando il tre agosto i manifestanti hanno tirato giù la bandiera cinese da un’asta a Victoria Harbour, la televisione cinese è subito intervenuta scrivendo sui social, ai suoi ottantasettemilioni di followers “La bandiera a cinque stelle ha 1,4 miliardi di guardiani. Condividi! “Sono un guardiano della bandiera”. Il post è stato ripostato da più di dieci milioni di persone.
Gli stessi cinesi protestano sui social per una repressione preventiva delle dimostrazioni ad Honk kong, non sapendo che gli atti presentati dal governo come disordine pubblico e voglia di staccarsi definitivamente dalla Cina, sono in realtà dimostrazioni a favore di una democrazia e voglia di Libertà.
Cina: Hong Kong: la voglia di Libertà