Di Francesca Sofia Rizzo. Lo chiamano il mestiere più antico del mondo, ma non c’è nulla di edificante, nulla che abbia a che fare col lavoro, quando il corpo di una donna comprato e viene venduto come carne da macello contro la propria volontà, quando l’arbitrio sul proprio corpo cessa di esistere. Donne poste al pari di merci da acquistare, consumare, in un circolo senza fine, giostrato il più delle volte proprio da coloro di cui queste donne si fidavano maggiormente.
E’ una storia comune, quella raccontata dalle fortunate che riescono a uscirne: la speranza di un lavoro e di una vita migliore in Italia, l’appoggio tramite un conoscente, un’amica, un fidanzato, persino un familiare, e infine la sorpresa sconvolgente, una volta arrivate nel nostro paese, che la promessa non era altro che una menzogna, che il sogno agognato sarebbe stato invece un incubo da ripetersi ogni notte.
Le donne che possiamo incontrare lungo le strade della nostra città, dalla Salaria alla Tiburtina, dalla Cristoforo Colombo alla Palmiro Togliatti, sono in gran parte provenienti dall’Est Europa. Ci sono precisi motivi storici ed economici per cui questo accada: la miseria lasciata dietro dal crollo dell’Unione Sovietica e la disgregazione della Jugoslavia, eventi a partire dai quali questo fenomeno ha avuto un’impennata.
I trafficanti hanno capito come sfruttare a loro vantaggio alcune caratteristiche del continente europeo, quali la libera circolazione all’interno dello spazio di Schengen, che comporta il poter trafficare le vittime senza particolari ostacoli, e le disparità a livello nazionale riguardo alle legislazioni che regolano la prostituzione. Se infatti in molti paesi dell’Europa orientale la prostituta è punita con pene pecuniarie o anche con il carcere, in Italia la prostituzione è legale e non regolamentata.
Le possibilità di salvezza ci sono, ma è difficile far incontrare queste donne con le organizzazioni e istituzioni che se ne occupano, in primis poiché si teme una ritorsione contro di sé o contro la propria famiglia in caso si denunciassero le violenze subite. A rendere ancora più complessa la situazione è stato il primo Decreto Sicurezza voluto dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, ormai in vigore dal novembre 2018. Questo, difatti, indebolisce gli strumenti con cui gli operatori possono aiutare le vittime, avendo abolito, ad esempio, il modello di protezione per motivi umanitari, il più utilizzato dalle ragazze sfruttate.
Se, come abbiamo visto, queste donne sono considerate al pari di merci, è valido un ragionamento di tipo economico: è la domanda che alimenta il mercato, e questa piaga sociale continua ad esistere perché la domanda è ancora forte. Il ”cliente” si prende una libertà esercitata nei confronti di una persona che non è affatto libera, non ha scelta. Chi sceglie di ignorare questi fatti diviene egli stesso uno sfruttatore.
Il sex work praticato da donne consapevoli e consenzienti esiste, ma non va cercato nel mondo selvaggio delle strade, e anche in quel caso, il confine tra libertà e costrizione legata alle circostanze è molto labile.