Di Asia Santi

“Vorrei andare a studiare in un altro paese, ma il mio ragazzo non me lo permette perché ha paura che io possa tradirlo”; “Che bei pantaloni che hai questa sera! Vorrei tanto poterne indossare un paio simile, peccato che mio marito non mi dia il permesso di farlo”.
Sono queste le frasi che si sentono pronunciare spesso (in palestra, al mercato, a lavoro) da donne remissive che non si rendono conto di essere rinchiuse in una gabbia, spesso invisibile, ma sempre presente.
Fin da bambine, conviviamo con i nostri sogni, pensando ogni giorno a ciò che vorremmo diventare; sogni che ci vengono a far visita ogni notte, e che ci accompagnano nelle lunghe ore scolastiche, o mentre stiamo facendo una lunga doccia calda.
Sogni che ad un certo punto ci vengono rubati,  frantumati e dispersi, solo perché forse rappresentavano pensieri troppo grandi, idee troppo minacciose per la persone che abbiamo intorno.
La donna moderna si trova così costretta a vivere due vite parallele: una onirica, mentale, idilliaca, fatta di “vorrei, ma non posso”, e quella che è costretta a vivere (per costrizione sociale, o matrimoniale/di coppia: basti guardare, ad esempio, la condizione delle donne islamiche, arabe e asiatiche).
Molte figure femminili possiedono ambizioni lavorative ed intellettuali molto alte, che però vengono fatte a pezzi dal momento in cui la sua mansione viene costretta e delimitata in un ambiente famigliare (in cucina, oppure a casa con la prole); tutto questo accade in una società che ha da sempre assegnato la funzione di predominio e comando alla figura maschile, mentre la donna veniva relegata ad una vita di obbedienza. La donna è sempre rimasta storicamente  fuori dalla vita militare, marittima, legislativa e decisionale (in ambito famigliare). Quest’ultima si è vista costretta a creare un mondo personale, metafisico, in cui non era più solo un oggetto capace ad eseguire ordini, ma un essere con una propria anima ed una personalità unica.

Nei sogni si può diventate ciò che non si ha mai avuto il coraggio di essere.  Vedo donne passare davanti le vetrine dei negozi di vestiti, con occhi sorpresi, vogliose di poter essere chiunque vogliano, ma allo stesso tempo impaurite dalle conseguenze che le spettano per aver fatto un pensiero simile. Donne che guardano altre donne con odio, che in realtà è solo una forma di gelosia, una tristezza infinita che nasce dalla vista di una maglia troppo scollata che loro non potranno mai mettere, per paura di poter attirare l’attemzione davanti allo sguardo attento del proprio uomo, e sa che nulla di tutto questo le verrà perdonato. Donne che vivono nella paura di un’uscita con le amiche, con il terrore di tornare a casa perché sanno cosa aspettarsi per non aver risposto ad una sua chiamata. Ragazze normali, anche belle, che si rifugiano in un libro, oppure in un film, e si rispecchiano con la protagonista, sognando di poter vivere un giorno, finalmente, una storia simile.

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