Di Giorgia Di Stefano

Goku e Vegeta, Lady Oscar, Naruto, Ash e Pickachu, sono solo alcuni dei nomi che ci hanno accompagnato durante la nostra infanzia, prima di andare a scuola o prima di iniziare a fare i compiti. Sono protagonisti di quelli che erroneamente spesso definiamo “cartoni”, ma che in realtà hanno un nome ben preciso: anime. Il termine deriva dall’abbreviazione di  “animeshon”, neologismo con il quale in Giappone, a partire dagli anni ’60, si indicano i film d’animazione chiamati prima di allora “doga eiga” (動画 映画). In Occidente il termine viene comunemente utilizzato per indicare produzioni cinematografiche giapponesi. Con il termine “manga” (漫画) indichiamo invece il fumetto dal quale avrà poi origine l’anime.

Gli anime nascono nel 1914 dal pittore Seitaro Kitayama e i vignettisti Oten Shimokawa e Jun’ichi Kouchi. Il loro sviluppo fu rapidissimo ed ebbero un successo immediato, tanto che nel 1917, furono presentati moltissimi senga eiga (腺画 映画), allora erano chiamati così, e la produzione fu inarrestabile fino agli anni ’30, secolo in cui la politica nazionalistica ed espansionistica del Giappone impose uno stretto controllo sulla produzione cinematografica, la quale venne trasformata in una forma di propaganda e di diffusione della cultura nipponica. Tra il 1917 e il 1945 furono prodotto all’incirca 400 filmati d’animazione, ma di questi è rimasto ben poco. Nel dopoguerra la grave crisi economica rese molto difficile la produzione di anime, ci vollero diversi anni per risollevare il settore, che trovò invece un campo molto fertile negli anni ’60, il periodo in cui avviene ciò che si definisce come “anime boom”.
Ne abbiamo visti tantissimi e continuiamo a farlo dato che ne esistono diversi per ogni fascia d’età e di generi più disparati, proprio in base al pubblico a cui sono rivolti, questi film di animazione vengono divisi in generi. A seconda del contenuto possono appartenere al genere Kodomo (子供), se sono destinati a bambini fino ai 10 anni, Shojo (少女) e Shonen (少年) se se sono rivolti rispettivamente a ragazze e ragazzi dai 10 anni fino alla maggiore età, Seinen (青年) per un pubblico maschile dai 18 anni in poi e Josei (女性) per un pubblico femminile dai 18 anni in poi. Inoltre, se ci mettiamo a cercare un po’ meglio, possiamo trovarne moltissimi sottogeneri, la lista è lunghissima ed è molto interessante andare a vedere come vengono trattati anche argomenti impensabili.

Sicuramente hanno segnata una generazione ed un’epoca che forse se fossero nati oggi avrebbero riscosso un successo diverso. Sta di fatto comunque che gli anime hanno svolto, sin dal loro esordio, un ruolo importantissimo perché hanno permesso anche ad altre parti del mondo di conoscere una cultura così ricca e unica come quella nipponica. Si tratta infatti del mezzo più diretto per entrare in contatto con un modo di vedere la vita estremamente diverso da quello occidentale, dal quale potremmo imparare tantissime cose e tantissimi valori che sembrano scarseggiare fuori dall’Oriente.