Di Gemma Gemmiti. Mancanza di dialogo, di confronto civile. Con un risultato che è sconfortante: ognuno pensa di essere vincitore, entrambe le parti hanno perso. Parole non dette che, mattone dopo mattone, diventano muri invalicabili. La mancanza di attenzioni, di tempo, quel parlarsi a monosillabi, giusto lo stretto necessario, continuando ad alzare muri. Pretese:che sono più un decalogo rivolto al “figlio non perfetto” dal “genitore ideale”. Come ci si dovrebbe comportare, essere, respirare. Senza uno spazio proprio, pieno del sacrosanto diritto di sbagliare. Senza pensare che ognuno è diverso: e la diversità non è tollerata. La paternale è dogma; il muro alzato ne è la inevitabile conseguenza. Abbiamo perso tutti in questa lotta per rivendicare sé stessi perché abbiamo perso di vista l’essere famiglia. Manca l’ascolto reciproco.
Manca il tempo, forse; ma soprattutto manca la volontà di mettersi in discussione togliendo pian piano quei mattoni scomodi che impediscono la costruzione di sé, dentro la serenità necessaria a concepirci liberi.
Genitori e figli, magari dentro la stessa stanza,  impegnati in attività diverse, in conversazioni diverse con persone diverse. Lontane. E’ stato sempre così

Realizzare sé stessi significa anche imparare a costruire dei legami, dei rapporti veri e farlo soprattutto all’interno della propria famiglia ricordando che siamo stati figli o che diventeremo genitori, in una ruota che gira e che ci vedrà improvvisamente incarnare i panni, sempre scomodi, di chi deve crescere e far crescere attraverso i no. Ma come fare? Non esiste un libretto di istruzioni né un bugiardino dove scovare gli effetti collaterali. Serve una buona dose di amore e la capacità di accogliere, reciprocamente, le proprie imperfezioni.

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