Di Giulia Capobianco. Sono passati quattro anni dalla prima volta che entrai da quella porta. Una porta lucida, imponente e massiccia. Sapevo che, una volta attraversata, una volta esser entrata, non sarei mai tornata indietro. Dietro quella porta c’era un uomo, affermato, con giacca, cravatta e un paio di jeans. Notai il suo sguardo. Per nulla pieno di sé, ma che sin dal primo momento mi trasmise quel “non so cosa” che non si dimentica facilmente.

La porta, lucida, imponente e massiccia, nascondeva tanti volti. Volti avvolti da preoccupazioni, sorrisi, paure, emozioni. Volti affascinati da ciò che quell’uomo stava raccontando. Mi guardavo attorno mentre la sua voce accompagnava pagine e pagine di appunti, fogli macchiati di inchiostro e quel suono arbitrario delle dita sulla tastiera di un computer. Sono nel posto giusto, pensai. Ero in università, in classe ad ascoltare il professore. Scrivevo su quelle scomode sedute accanto ai miei compagni e mai, mai avrei pensato che un giorno mi sarei trovata dall’altra parte. Un laboratorio di giornalismo, un laboratorio in cui si scrive, si riproducono vere e proprie redazioni, talk show televisivi e dove ognuno di noi si immerge nella “fantastica professione”. Quell’uomo era, ed è, il mio insegnante. Spiega il suo lavoro, parla di “notizia” e di verità. Bella la verità, bello raccontare la realtà, bello raccontare di noi.

Qualche anno dopo non sono più su quelle scomode sedute accanto ai ragazzi della mia età. Qualche anno dopo sono seduta accanto a lui. Sono accanto a quell’uomo che mi aveva aperto quella porta. Mi trovo davanti a nuovi volti, a nuove preoccupazioni, nuovi sorrisi, nuove paure, nuove emozioni. Ma da qualche anno posso finalmente aiutarli, ascoltarli, portarli con me. Un laboratorio sempre più in crescita, un laboratorio sempre ricco di novità e sempre più ricco di volti. Oltre trenta per l’esattezza. Oltre trenta domande, curiosità e braccia alzate, oltre trenta orecchie pronte ad ascoltare.

Mi piace riconoscermi nei loro occhi, mi piace accompagnare quell’uomo nelle sue spiegazioni, mi piace immergermi sempre più, anche con scogli e squali pronti ad attaccare, nel mare della fantastica professione. Quest’anno sarà un nuovo anno. Un anno difficile, un anno in cui i volti sono triplicati, un anno in cui i volti sono appassionati. Forse non tutti usciti da lì vorranno essere dei giornalisti. Ma tutti porteranno con se, nella tasca in alto, la passione di quell’uomo, e un’esperienza che nessuno mai avrebbe pensato di fare.

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