Di Francesca Sofia Rizzo. Non viviamo in un mondo perfetto e non basta una charta a proteggere i più piccoli. Se volessimo immaginare un mondo perfetto, potremmo pensare ad un mondo in cui basterebbe una Charta, chiamata “Convenzione sui diritti dei bambini” emanata dalle Nazioni Unite nel 1990, e all’esistenza di enti deputati alla protezione dei minori affinché questi diritti siano effettivamente tutelati. Ma non è così.
Degli oltre 2 miliardi di bambini e adolescenti nel mondo, nove su dieci vivono in paesi sottosviluppati o impoveriti. Le loro condizioni sono sempre più allarmanti e ciò non è frutto di una fatalità, ma di strutture economiche e sociali inique che creano masse sempre maggiori di ”esclusi”.
Questi, sfruttati nel lavoro o nella prostituzione minorile, non hanno la possibilità di studiare e sono danneggiati nello sviluppo fisico, emozionale e sociale. E’ una piaga che tocca tutti i continenti, dalle miniere in Afghanistan e in Etiopia, dalle fabbriche in Cina al mercato del turismo sessuale in Brasile, sfruttato da adulti senza scrupoli.
Se ciò non viene arginato per colpa dell’indifferenza e dell’inerzia dei governi e della polizia locali, e persino le famiglie sembrano offrire la loro complicità, ci si aspetterebbe perlomeno che l’UNICEF, il Vaticano o altri enti internazionali tanto autorevoli si mobilitino per fermare il fenomeno dello sfruttamento minorile.
La verità è invece che spesso questi enti sembrano essere ciechi al problema, limitando la loro azione a discorsi retorici, tenuti in aule confortevoli da rappresentanti e diplomatici non usi a vedere con i loro occhi quanto accade nella vita di tutti i giorni, nel mondo fuori dai ”palazzi di vetro”.
Ma l’aspetto ancora più raccapricciante è che essi stessi si sono macchiati di misfatti contro coloro che avrebbero dovuto di proteggere: alcune persone ”sul campo”, operatori umanitari e parroci di chiese sperdute nel terzo mondo, lontani dagli occhi dei media e potendo contare sul silenzio di chi non ha voce, hanno ”toccato con mano” la questione, nell’accezione più disgustosa che questa espressione possa concedere.
Un’indagine del 2017 ha rivelato che nei precedenti 12 anni ci sono stati oltre 2.000 casi di abusi sessuali e sfruttamento da parte degli operatori di pace e altro personale delle Nazioni Unite. L’errore che l’ONU ha ulteriormente compiuto è stato quello di minimizzare e distogliere l’attenzione dal problema, atteggiamento simile a quello tenuto dalla Chiesa Cattolica in risposta ai casi di pedofilia clericale. Anche dopo il summit sulla pedofilia indetto nel febbraio scorso da Papa Francesco, le parole del pontefice sono sembrate troppo leggere e scollegate dall'(in)azione della Santa Sede in merito al problema.
La paura di rovinare la propria reputazione e credibilità non fa altro che impedire alla giustizia di fare il suo corso e riscattare chi ha visto la propria innocenza strappata via.