Di Matteo Schiaffini. Ricordo che, prima della crisi del 2008, mio padre lavorava per un ditta edile di Roma, ci ha lavorato per una quindicina di anni. Ricordo che raccontava più volte di come costruivano le strade, di quali mezzi usassero e quali materiali si dovessero utilizzare. Ho sempre immaginato che la costruzione di una strada fosse una cosa sostanzialmente semplice, un procedimento lungo magari, ma con regole, materiali e mezzi prestabiliti e che quindi i margini di errore fossero praticamente nulli. Ovviamente così non era, non è tutt’ora.

Materiali scadenti, manutenzione per finta, messa in sicurezza nulla di fatto ecc. questo è il quadro generale che ci si presenta davanti, a dirlo è la procura di Genova. A mostrarcelo plasticamente sono gli inquietanti crolli di ponti e viadotti, l’ultimo sull’A6 il 24 novembre scorso. Viadotto crollato in seguito ad una frana di detriti che ha travolto il pilone che è poi crollato. Come per il ponte Morandi – di proprietà di autostrade per l’Italia (Atlantia) – anche in questo caso la pila crollata era quella più degradata, dove il gruppo Sias (Gavio) non ha fatto alcun tipo di manutenzione nei 7 anni di gestione di quel tratto, proprio come è stato per gli stralli della pila 11 caduti giù il 14 agosto. Il perché non sia mai stata fatta la manutenzione è facilmente intuibile ed è ciò che ipotizzano anche i magistrati e cioè che si sia tentato di risparmiare in manutenzione, incassando sempre più utili. Una logica affaristica figlia di un neo-liberismo senza vergogna, coadiuvato da una politica vigliacca e corrotta: gruppo Toto, gruppo Gavio, Autostrade per l’Italia e tutti gli altri gruppi che hanno in concessione tratti di autostrade, hanno tutti finanziato indistintamente la politica, campagne elettorali dei partiti di destra, centro, sinistra. La responsabilità, perciò, non può essere additata solo ad una persona o ad un singolo partito, tutti hanno una parte di responsabilità dello stato di decadimento in cui sta versando il paese. Come sempre la politica se ne lava pilatescamente le mani insieme ai gruppi concessionari ma dei nomi e cognomi ci sono e si possono fare: primo fra tutti il governo D’Alema che nel 1999 svendette le autostrade; “la privatizzazione era obbligatoria. Era un ordine e una decisione che veniva da contesti internazionali.” Lo ha ammesso di recente Romano Prodi. Colpe ne ha Berlusconi e i suoi tre governi (tra cui c’era anche la Lega) facendo favori enormi (emendamento salva-Benetton maggio 2008 votato e presentato proprio dalla Lega) a queste potenti lobby e infine c’è il governo Renzi che nel 2015, grazie allo “Sblocca Italia” ha concesso un ultimo regalino, prorogando le concessioni fino al 2050.

Si è arrivati ai giorni d’oggi, dove se crolla un ponte e causa la morte di 43 persone, le prime dichiarazioni di politici sono farfugliamenti e balle e dove i giornali (Repubblica, Corriere della Sera, la Stampa, il Messaggero ecc.) nei successivi tre giorni dopo la tragedia non hanno potuto dare la notizia di chi fosse il reale proprietario delle autostrade (Benetton) perché quest’ultimo di fatto finanzia i giornali con la pubblicità. Un quadro marcio e per nulla trasparente dove questi gruppi imprenditoriali comprano qualsiasi cosa aspettandosi silenzio e indifferenza. La revoca delle concessioni autostradali va portata avanti non perché sia presumibile che lo stato possa fare meglio di costoro, ma perché costoro non sono degni di gestire un bene pubblico costruito dai nostri nonni e padri.

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