Di Francesca Sofia Rizzo. Si è aggiunta la Colombia, da ormai 3 settimane, alla lunga lista di proteste popolari che stanno infiammando da mesi non solo l’America Latina, ma il mondo intero: Cile, Bolivia, Hong Kong, Iran, Iraq, Libano, Pakistan, Francia, sono solo pochi esempi.

Nel momento in cui l’insoddisfazione del popolo nei confronti dei propri governanti arriva a sfiorare il 70%, come stimano i sondaggi, non si può non scendere in piazza utilizzando anche gli umili strumenti a propria disposizione: percuotere pentole e coperchi, il cosiddetto ”cacerolazo”, forma tradizionale e pacifica di protesta.

I cittadini colombiani hanno preso le strade e le piazze di Bogotà per manifestare contro le politiche del governo di destra di Ivan Duque, divenuto enormemente impopolare dal suo insediamento nel 2016. Le proteste sono iniziate giovedì 21 novembre, con una folla di centinaia di migliaia di studenti, pensionati, insegnanti, esponenti dei sindacati. Ad innescare lo sciopero generale è stata la proposta di tagli alle pensioni, seppur la riforma non sia mai stata formalmente annunciata. Ma il popolo è anche contro la corruzione, la privatizzazione di aziende pubbliche, l’ineguaglianza economica e la mancanza di finanziamenti all’istruzione.

Non sono mancati episodi di scontri violenti, saccheggi e blocchi stradali, nonché un attacco con bombole di gas contro una stazione di polizia che ha provocato la morte di tre agenti. Le perdite umane ci sono state anche dalla parte dei civili, e proprio nel momento in cui il movimento sembrava star perdendo il suo impeto iniziale, è stato infiammato di nuovo dalla morte per danni cerebrali di un manifestante di 18 anni, colpito da un proiettile della polizia. Dilan Cruz, questo è il suo nome, ora è diventato simbolo delle proteste, assurto a martire, simbolo della protesta pacifica spenta ingiustificatamente dalla violenza dello stato.

In attesa che si riesca ad aprire un dialogo tra Duque e il movimento, i colombiani non smetteranno di fare rumore, letteralmente. Non è necessario nemmeno scendere in piazza, se si teme troppo per la propria incolumità per poterlo fare: c’è chi si affaccia dal balcone con mestolo e pentola in mano, facendosi presente, visibile, udibile. Non a caso, è uno strumento di protesta utilizzato spesso anche sotto i regimi dittatoriali, quando marciare per le strade non era nemmeno un’opzione.

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