Di Luca De Lellis. Hai lasciato, per l’ennesima volta, il mondo intero senza parole. Stavolta, però, nel modo in cui nessuno avrebbe voluto, che nessuno si sarebbe mai aspettato.  Lo confesso: sono rimasto in silenzio per 5 minuti, quelli che tu impiegavi solitamente per vincere una partita, non ci volevo credere. Sei sempre stato così lontano da me, ma ti ho sempre sentito così profondamente vicino. Proprio per questo, se nella tua partita d’addio al basket ho avvertito un sentimento di profonda nostalgia, ora sento un magone che assale il mio cuore e la mia mente. Probabilmente passerò la nottata in bianco, a vedere e rivedere per la miliardesima volta video delle tue meravigliose giocate, dei tuoi tiri allo scadere (che sapevi già dove sarebbero andati a finire), dei tuoi titoli, delle tue esultanze. Voglio ricordarti così, Kobe, con quel sorrisone immenso che ti si stampava in volto quando vincevi. Perchè io, una persona con la tua stessa fame di vittoria, francamente, non l’ho mai conosciuta. Non ho vissuto i tuoi migliori anni da cestista, di quelli ho solo migliaia di filmati pronti ad essere guardati nel momento in cui la mancanza si farà assordante, ma ti ho osservato nei tuoi anni più difficili, quelli degli infortuni, quelli in cui il tuo fisico non reggeva più i comandi della testa, e poi l’ultimo, il più complicato, quello che avresti e avremmo voluto non arrivasse mai. Perchè, lo sai tu e lo so anche io, per l’amore che avevi per il gioco e con quel cervello avresti potuto giocare ancora tanti, tantissimi anni.
Il cortometraggio dopo la partita del ritiro, con annessa lettera d’addio alla pallacanestro, grazie al quale sei riuscito a conquistare anche un premio Oscar, è l’emblema di quello che sei stato, di quello che hai dato a tutti coloro che hanno avuto il privilegio di vederti; e, nel contempo, del tuo amore, ma anche della tua ossessione in senso positivo e negativo per il gioco. Perchè se tu sei stato un fenomeno, una leggenda, uno dei giocatori più forti di tutti i tempi non è stato frutto solamente del sovrannaturale talento che madre natura ti ha regalato. Se sei stato un campione trasversale lo si deve soprattutto a quella tua ossessione, al lavoro, all’impegno, alla dedizione totale che hai messo in campo sin da quando hai cominciato a giocare a basket in Italia a 6 anni. Il nostro paese deve essere orgoglioso, esattamente come lui lo era del nostro paese, di aver cresciuto uno dei più grandi sportivi della storia. Mentre sto scrivendo, Kobe, ho gli occhi lucidi.. perchè so, in cuor mio, che quando dovrò raccontare delle storie di sport a mio figlio, che possano farlo crescere, che possano in qualche modo educarlo all’etica del lavoro, uno dei nomi che gli farò è proprio il tuo, quello di Kobe Bryant.
Oggi che mi lasci, che ci lasci, è il momento giusto per ringraziarti a dovere di tutte le emozioni che hai suscitato, di tutti i “Kobeee Bryyaant” che abbiamo urlato, ma anche di tutte le tue imprecazioni dopo un canestro sbagliato.
Le leggende non muoiono mai.
Ciao Kobe, grazie di tutto.

 

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