Di Cecilia Cerasaro. Matteo Salvini sarà processato per il caso Gregoretti con l’accusa, mossa dal Tribunale dei Ministri, di sequestro di persona. Così ha deciso il Senato, mandando un messaggio forte all’ex Ministro degli Interni, che fino a qualche mese fa chiedeva “pieni poteri”: in Italia nessuno è al di sopra della legge.
Il caso risale al Luglio 2019 quando Salvini costrinse 131 migranti, fra cui anche minori, a restare a bordo della nave Gregoretti per sei giorni sotto il sole cocente e in completo isolamento pur di non lasciarli sbarcare in Italia. Nel frattempo l’Europa, silenziosa responsabile di questa disumanità, litigava su chi dovesse accoglierli. Questa procedura era diventata una prassi per il leader leghista negli ultimi mesi prima che il governo gialloverde cadesse. Salvini da allora aveva ricevuto più denunce per reati analoghi dalle diverse Ong che a seguito dei decreti sicurezza si erano viste costrette a limitare la loro attività nel Mediterraneo che aveva portato alla diminuzione degli sbarchi e al conseguente aumento del numero dei morti annegati.
Ma perché un parlamentare subisca un regolare processo ci vuole giustamente l’autorizzazione a procedere del Senato, che vigila sui suoi membri affinché non vengano perseguitati a causa delle idee politiche. E il Senato aveva sempre protetto Salvini finora, tanto che l’ex ministro si era montato la testa. Perché quando si è al potere e ci si sente ripetere ogni giorno quanto grande sia il consenso popolare, si è portati a credere che la distinzione tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario sia soltanto una formalità.
Forse qualcuno avrebbe dovuto spiegare a Salvini che la democrazia non è dittatura della maggioranza ma tutela delle minoranze, come quella dei migranti sulla Gregoretti. L’ex Ministro si sarebbe risparmiato un processo che potrebbe costargli fino a 15 anni di carcere, la sospensione dagli incarichi politici oppure l’annunciato autoesilio negli Stati Uniti.
Tuttavia per l’ennesima volta l’ex ministro degli interni, insieme al suo social media manager Morisi, sembra cascare in piedi. Gli avvocati riusciranno, se non davanti al giudice almeno davanti agli italiani, a farlo sembrare un martire disposto a rischiare il carcere e la carriera per la difesa della la patria. Tutte le mosse di Salvini devono essere sempre guardate nell’ottica del clamore mediatico che generano piuttosto che nei loro risvolti reali.
È stato così anche per la Gregoretti, d’altronde. La difesa sosterrà che non ci fu stato nessun interesse per Salvini nell’ordinare il salvataggio di quelle persone e nel tenerle sequestrate di proposito su quella nave giorno dopo giorno. E infatti non c’era un motivo pratico nell’ostacolare l’arrivo 131 persone in un paese di 60 milioni nel momento in cui le navi non soccorse dalle Ong approdavano con tranquillità, facendo sbarcare immigrati ogni giorno. Ma la grande operazione di marketing sulla pelle di quelle persone per presentare il leader della Lega come il difensore della patria è riuscita.

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