Di Cecilia Cerasaro. La Cassazione ha deciso che il referendum si farà, a primavera il tira e molla sul taglio dei Parlamentari si concluderà con il voto dei cittadini. E purtroppo l’86% degli italiani risulta favorevole alla riduzione. Un’azione simile l’aveva già tentata Renzi nel 2016. E la palla, destinata ad essere presa calci nella partita fra forze politiche, è come al solito la nostra Costituzione.
Questa volta però sembrava che i Cinque Stelle, fautori della riforma, l’avessero spuntata nello scontro con vecchi e nuovi alleati di Governo, fra l’orrore dei giuristi e degli studiosi di diritto costituzionale, riuscendo peraltro abilmente a non chiarire mai quali sarebbero gli effettivi benefici della riduzione dei Parlamentari. Di Maio non sembra saper spiegare perché per un risparmio tutto sommato non significativo per le casse dello Stato sugli stipendi di qualche deputato o senatore, i cittadini dovrebbero rinunciare a vedere i propri rappresentanti in Parlamento.
Perché questo è il pericolo, che i candidati di partiti piccoli sostenuti dalle minoranze facciano più fatica ad entrare alla Camera e al Senato, così come quelli delle correnti interne dei partiti maggiori la cui linea diverge da quella del leader di turno e che per questo rischiano di essere tagliati fuori dai loro stessi segretari. I pentastellati, sulla carta sostenitori della partecipazione e della democrazia diretta, avevano attaccato il diritto di rappresentanza dei cittadini in Parlamento, rischiando di allontanare una parte dell’elettorato. Avevano venduto questa riforma come una manovra per mandare a casa i fannulloni, ma chi dovesse decidere quali siano i deputati e i senatori fannulloni che meritassero di andare a casa non era dato sapere.
Alla fine la necessità di tenere in piedi l’allora neonato e instabile governo giallorosso aveva convinto il Partito Democratico e Leu, in origine contrari, a sacrificare la nostra Costituzione. In realtà avevano votato a favore quasi tutti gli schieramenti politici, anche quelli d’opposizione come la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il taglio dei Parlamentari era già stato approvato ad ottobre e la riforma avrebbe dovuto essere già operativa da gennaio 2020.
Poi è arrivata la richiesta di referendum sottoscritta da 71 senatori e la Cassazione l’ha dichiarata legittima. Fra i firmatari, che per ora hanno dunque sospeso l’applicazione della riforma, ci sono nomi di diverse fazioni politiche, fra cui il Pd, lo stesso Movimento Cinque Stelle, il gruppo misto e Forza Italia, il partito che rischia di perdere più parlamentari a seguito della riduzione. E come fra quelle dei berlusconiani, nelle motivazioni di chi dice di avere dubbi su questa scellerata riforma non sembra esserci l’intento di difendere la nostra Costituzione.
Il documento fondante della Repubblica è di nuovo svilito a pretesto nei giochi di potere dei nostri politici, con i Cinque Stelle che sperano di poter trasformare, come fece in maniera fallimentare Renzi a suo tempo, il referendum in una manovra per ritrovare il consenso perduto e legittimare la loro presenza al Governo, dopo che dalle Politiche 2018 non hanno fatto altro che subire sconfitte in tutte le elezioni. Persino la Lega, sostenitrice della riforma, ha accolto il referendum come un’occasione per fare sfoggio della propria forza politica, quando arriverà il risultato scontato.

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