Di Flavia Romagnoli. È disgustoso pensare che l’Italia detiene un record da brividi che invece di farci sentire orgogliosi, non fa altro che farci provare sdegno. Questo “record” riguarda l’anno 2018, nel quale le vittime di violenza di genere hanno raggiunto il valore più alto mai censito nella storia dell’Italia, cioè 142 donne uccise, tra le quali 119 in situazioni di famiglia, valore complessivo pari a circa il 40%. C’è da aggiungere che in un caso su tre, tra quelli a noi noti ovviamente, sono stati riscontrati precedenti maltrattamenti di vario genere alle vittime, tra cui minacce o stalking, sempre più in crescita negli ultimi anni: con questo dato possiamo arrivare a confermare l’idea che l’omicidio della donna non è altro che l’ultimo anello di una catena continua di violenze che, se prese in anticipo, potrebbero essere arginate con la presenza di un’efficace rete di supporto. Sono ancora molto basse infatti le percentuali di denunce esposte dalle donne, così come, purtroppo, i numeri delle donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza dopo aver subito un abuso. Ancora più drammatico è il fatto che una donna su due lascia dei figli, e che nella maggior parte dei casi questi figli appartengono anche all’assassino, marito o compagno della vittima. Ma cosa può scattare nella mente di un uomo per arrivare a reagire in questo modo nei confronti di una donna, o più in particolare nei confronti della donna che ha scelto al suo fianco per la vita e come madre dei suoi figli? Anche se tecnologicamente avanzati, siamo in realtà sommersi ancora da “tradizioni antiche”, tra cui la peggiore, dura a morire, che vede dentro la parola passione, o amore, anche il possesso, come se la violenza sia necessaria a fare capire alla donna che l’uomo ci tiene: infatti, esistono ancora esseri umani che seguono la logica del “ci tiene talmente tanto che ti controlla, e arriva anche a picchiarti, per educarti ad agire nel modo giusto”, un ragionamento che può sembrare folle, e così è infatti, e che addirittura potrebbe risultarlo anche tra coppie animali. Discendente da civiltà che per secoli hanno seguito culture maschiliste in cui l’uomo era il “protettore”, padre e padrone, che gestiva, e a tratti schiavizzava, la propria compagna, come può l’uomo moderno rinunciare a tutto ciò? Pensavamo che modernità e progresso avrebbero cancellato questo tipo di atteggiamenti retrogradi all’interno delle relazioni umane, ma così non è stato, o almeno non completamente. Invece di continuare a evolverci e migliorarci in ogni ambito, qui sembriamo tornare “progressivamente indietro”, soprattutto se si sta parlando di violenza di genere.