Di Dorian Gronchi. La procura non molla, nuove prove stanno per rivelare una cruda verità, già nota da tempo: Il governo egiziano è direttamente coinvolto nell’omicidio di Giulio Regeni.
Dopo cinque lunghi anni di attesa la famiglia del giovane ricercatore friulano potrebbe avere, finalmente, la giustizia che merita.
L’accurata indagine attuata negli ultimi anni della procura di Roma ha scovato i bestiali carnefici di Giulio.
Il registro degli indagati conta dal 2018 cinque agenti della National Security Agency egiziana e la scadenza dei due anni dall’iscrizione si avvicina.
Il 4 dicembre l’indagine dovrà essere chiusa.

Il presidente del consiglio italiano Conte, venerdì scorso, ha contattato il capo di stato egiziano Al Sisi; l’Italia non si tirerà indietro, la questione è tutt’altro che finita. “Andiamo avanti“, queste le parole del premier italiano.
La posizione di Al Sisi come leader del suo paese appare, oggi, precaria, i problemi interni alla nazione accusati negli ultimi anni non danno vita facile all’egiziano che, inoltre non riscontra buona simpatia neanche al livello internazionale, in quanto è visto agli occhi del mondo come uno spietato dittatore.
Il terreno scivoloso che l’attuale capo di stato egiziano trova sotto le suole delle sue scarpe e la volontà dello stesso di evitare ulteriori problemi, ha reso possibile un’apertura e una “collaborazione senza precedenti“, come affermato da Bassam Radi, portavoce di Al Sisi, nell’indagine per l’omicidio di Giulio Regeni.
Infatti, come ribadito da Radi, il presidente egiziano ha impartito direttive di cooperazione con le controparti italiane a tutti gli organi nazionali al fine di giungere alla fin troppo attesa verità.
Il giallo Regeni, in seguito ai risvolti più che positivi degli ultimi giorni, è adiacente alla risoluzione e il processo per sequestro di persona e omicidio per i cinque “007” egiziani che si svolgerà a breve, avrà come esito la verità per i cari del giovane friulano.
La Giustizia, attesa da tempo, pareva negli ultimi anni difficile, se non impossibile da raggiungere.

Un indagine complessa, dove in gioco vi erano i rapporti economico militari tra Italia e Egitto, si sta per concludere nel migliore dei modi per entrambe le parti.
La procura nonostante le dichiarazioni di ottobre non ha abbandonato Giulio, la speranza nella giustizia e il disperato bisogno di verità della famiglia del defunto ricercatore hanno fatto sì che non accadesse e che il caso non fosse archiviato come il destino sembrava volere.
Il merito va a chi non ha temuto le conseguenze e non si è arreso difronte ai continui insabbiamenti di Al Sisi, spinto dalla necessità morale di dare onore alla memoria, all’anima di un ragazzo che ha avuto il coraggio di “sfidare” forze che andavano ben oltre le sue ricerche e che, nel febbraio del 2016, è stato “accompagnato” ad una fine indegna, tremenda, disumanizzante, bestiale, tanto da non far riconoscere ai parenti il suo corpo; 
corpo ritrovato nudo, martoriato, mutilato, in un bollente fosso lungo la strada del deserto tra il Cairo e Alessandria, trattato come la peggiore delle spie e gettato come pattume da alcuni membri dei servizi segreti del Cairo, animali senza scrupoli che presto riceveranno la condanna che meritano.

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