Di Giulia Orsi. Nella più grande piattaforma di intrattenimento globale, Netflix, di serie ce ne sono per tutti i gusti; se siete alla ricerca di un thriller fantascientifico che vi possa tenere incollati allo schermo ed aiutare a superare questo periodo di isolamento, Dark fa al caso vostro. Questa serie di origine tedesca porta con se tutto quel grottesco e realismo tipici della cultura nordica, che ritroviamo dall’alba dei tempi nelle favole dei Grimm ma questa non è una favola, qui si affrontano sparizioni e riapparizioni in altre epoche e la fine del mondo. Ebbene la serie gioca sugli spazi temporali: tre porte che collegano tre ere distanti l’una dall’altra da soli trent’anni ed un gioco malsano di un certo Adam che fa sparire dei bambini per spostarli nel tempo e farli crescere tra le stesse persone del paese di Winden senza che però loro si possano palesare perché chiaramente non sarebbero creduti. Inizia tutto dalla sparizione di Mikkel  che vive negli anni contemporanei, che riapparirà nel 1986 e la sua vita andrà avanti per molti anni finchè lui assisterà da adulto alla sua stessa sparizione per poi impiccarsi. Proprio Mikkel sarà il padre di Adam, che si farà chiamare così per ricordare il primo uomo, ma Jonas è il suo vero nome. Jonas ama Marta e lei prenderà il nome di Eva e proprio loro saranno gli unici a poter fermare l’apocalisse, causata dallo scoppio di una centrale elettrica, viaggiando inesorabilmente nel tempo. Questa serie è originalissima nel suo genere, frutto di una vera ispirazione che farebbe rabbrividire anche Christopher Nolan, anche lui avvezzo ai giochi temporali. Baran Bo Odara, il regista che ha dato alla luce  queste 3 stagioni ha davvero centrato nel segno avendo davanti a se una visione lucida di come il tempo potrebbe essere cambiato se ognuno fosse in grado di modificare  quel minuscolo particolare che può rimodellare una intera vita. Predestinazione o libero arbitrio?! Chi può davvero essere il creatore del proprio tempo? A queste domande ontologiche la risposta del regista è il libero arbitrio dei personaggi che decidono di eliminarsi per poter lasciare spazio alle generazioni a venire, come due veri Eva ed Adamo che danno vita alla loro progenie ma questa volta non esistendo. Un atto d’amore è la vita anche se questa nasce dalla morte. Con questo messaggio inverso si aprono nuove prospettive, nuovi scenari in un questo mondo post apocalittico dove ciò che resta è la determinazione, il coraggio dei personaggi inesorabilmente legati gli uni agli altri. Facendo l’occhiello all’ allegoria del serpente nel simbolo dell’Uroboro e al suo significato; il  tempo è circolare, tutto ritorna, quello che succede nel passato riavrà eco nel presente. In ogni caso tutti siamo in cammino alla ricerca del nostro filo conduttore, nella speranza  di ritrovare la nostra strada anche se nel mondo reale, purtroppo, il futuro non ci sarà svelato.