Di Angelica Grieco. Aveva 42 anni ed era diventata la donna simbolo dell’integrazione: Agitu Idea Gudeta, viene uccisa con un martello e violentata mentre ancora sofferente.

Da soli dieci anni in Italia ed arrivata come rifugiata, la quarantaduenne etiope era riuscita a farsi strada nel mondo dell’imprenditoria dando vita ad un’azienda agricola biologica, con pascoli incontaminati e, come viene trascritto nel sito ufficiale dell’azienda, con ‘’Capre felici’’. Ma non solo: Agitu aveva creato, dallo stesso latte biologico, una linea di cosmetici.

È in Trentino che Gudeta viene uccisa, nella Valle dei Mocheni proprio nel suo allevamento ‘’La capra felice’’. È il pastore ghanese Adams Suleimani sbarcato da Lampedusa poco tempo prima ed accolto da Agitu stessa nella sua azienda, che compie il massacro e non si giustifica di fronte ai carabinieri di Pergine Valsugana, ma fornisce lui stesso dettagli raccapriccianti.

Uno stipendio mancato: è questo che ha scatenato l’omicidio.

«Da tempo avevo chiesto i soldi che mi doveva per il lavoro svolto, ma lei ha sempre rifiutato di darmeli» dice Suleimani.

Nella mattina stessa del 29 dicembre, il collaboratore ghanese aveva chiesto il suo salario ad Agitu che, come sostiene lui, sarebbe fuggita in camera da letto e l’avrebbe raggiunta poco dopo.

È nella sua camera che la colpisce alla testa sei volte con un martello e, mentre la quarantaduenne è ancora agonizzante e priva di coscienza, la violenta.

Un’azione agghiacciante che lascia poco spazio all’immaginazione per la tanta brutalità. Gesto che spinge il pastore ghanese a sostenere che si sarebbe voluto uccidere non appena compiuto; ’’Non ho trovato il veleno con cui volevo suicidarmi’’, dice.

Ora, si attendono i risultati dell’autopsia che arriveranno non prima di ottanta giorni.