Di Giulia Capobianco. Si sta facendo sentire. Si sta facendo sentire quella voce che fino ad ora è stata letteralmente incastrata tra uno schermo digitale e un libro dalle pagine stropicciate, piene d’appunti. È La voce, ormai autorevole di ragazzi e ragazze che vogliono tornare sui banchi di scuola.

“La didattica a distanza non funziona più. C’è un black out della socialità” – afferma la Ministra Azzolina. Dice che gli studenti hanno ragione. Gli studenti protestano perché sono stanchi. Stanchi perché non hanno intenzione di continuare a parlare davanti ad un display di vecchia o ultima generazione. La didattica a distanza è stata possibile grazie a famiglie, insegnanti e studenti “di buona volontà”. Studenti che si sono applicati, nonostante le imponenti difficoltà. Genitori che non possedevano computer e dispositivi che garantissero il corretto svolgimento delle lezioni, e che nemmeno potevano permettersi di fare una spesa così importante.

Sacrifici non solo economici: dall’organizzazione di spazi in casa, al silenzio di un padre e alla volontà di dividersi smartphone e tablet, per l’interrogazione di inglese o il compito di matematica. Penso a quelle famiglie che hanno più figli, che avevano un lavoro e che hanno dovuto lasciarlo per seguire i più piccoli nella loro istruzione. Giovani adolescenti, liceali e genitori in difficoltà. Sono stanchi di sentire parole “scarica barile”. Perché diciamoci la verità: non è stato creato un piano adeguato sin dall’inizio.

La didattica a distanza è stata possibile grazie anche ad alcuni insegnanti. Tutto questo poteva essere evitato. “Il black out della socialità” poteva essere evitato. Non è stato creato un piano adatto, si è pensato ai banchi e meno alle famiglie con diversi problemi. Si è pensato al “una tantum” e non ad aiutare con iniziative serie. C’è da dire che la stanchezza si sarebbe in ogni caso manifestata, in quanto segregati nelle mura domestiche da quasi un anno ma la didattica a distanza poteva funzionare. Riaprire le scuole ora è complicato, le proteste sono continue e i contagi aumentano. La soluzione non è dietro l’angolo, ma iniziare a non puntare il dito contro “l’altro” sarebbe un passo in avanti.

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