Di Giulia Capobianco. “Non so più chi sei. Non ti conosco. Non posso capirti…E’ vero, siamo lontani universi”. Cosa accade quando un amore ci trasforma? Cosa accade quando un amore ci intossica fino ad ucciderci lentamente, trascinando via quegli stracci di fiducia che non è più libera di esistere? Cosa accade quando il filo rosso, quel filo apparentemente invisibile ma in realtà necessario, si spezza e porta a “ volerci solo quando poi più non possiamo?”.  Succede che preferiamo stare soli. Succede che non riusciamo più a lasciarci andare. Succede che davanti a quelle due parole che hai sempre desiderato ascoltare, “Ti amo”, tu ti spegni, rispondi con un sorriso ma dentro di te pensi “si, come no”.

Amore splendida illusione, pensi. Ami, ami incondizionatamente. Ami e hai paura di perdere quei momenti che scivolano come granelli di sabbia tra le mani. Hai paura di perdere la cosa più bella che tu abbia mai costruito, che accarezzi dolcemente con uno sguardo, e con quello stesso sguardo il cuore batte a mille e le farfalle ballano la disco nello stomaco. Un giorno però qualcosa dentro di te cambia. La paura ti tormenta e sembra non volerti lasciare più. La paura è così forte da uccidere le farfalle una per una. Abbiamo paura perché non ci fidiamo. Non ci fidiamo perchè il nostro passato si aggrappa alle pareti della mente e ci impedisce di vivere il nostro presente. Il passato tossico come il veleno, in cui un tradimento o un allontanamento improvviso ha buttato giù anche l’idea di un futuro felice; ha buttato giù l’idea di poterci fidare ancora.

Preferiamo vivere nel tormento. Preferiamo non fidarci per non farci del male. Perché “se ti fidi, è più facile farti ingannare”. “ Non so più chi sei. Non ti conosco. Non posso capirti…”. Non è facile riuscire a crearsi un nuovo presente, pulito, da guardare con quegli stessi occhi e da sentire con quelle farfalle colorate. Perché le parole, gli sguardi, le carezze, hanno un peso immenso. Ma per “te” invece sono bastarda leggerezza. Leggerezza perché prima le lasci a me, incustodite e poi vai via. Vai via e porti con te la mia possibilità più prossima di ricominciare.

Capisci? So che puoi farlo, finiscimi. Aspetto la fine, tradiscimi. Poi dimmi è finita e zittiscimi.” Quasi come se ci aspettassimo di nuovo un tradimento. Quasi come se ci aspettassimo quel bastardo passo falso perché ormai siamo in black out. La luce della fiducia non funziona più e preferiamo sorridere ad un “Ti amo” ma pensare dentro di noi “si, come no”. Fidarci vorrebbe dire agire senza difese. Agire senza muro e lasciarsi andare. Ma noi di quel muro ne abbiamo fermamente bisogno. Ne abbiamo bisogno perché “aspetto la fine, tradiscimi”.

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