Di Francesco Stefanelli. Il festival di Sanremo nella quarta serata carica il fucile per sparare le poche munizioni rimaste. Tutti e 26 i concorrenti si sono lanciati nel penultimo rush di gara per poter ambire alla vittoria della 71esima edizione del festival della musica italiana, o almeno sembrerebbe così. Infatti molti non hanno imparato dagli errori delle prime due sere e hanno confermato l’impreparazione e l’inettitudine in un’ambiente che estrapola un artista dalla propria comfort zone. Come da prassi i primi ad esibirsi sono i cantanti della categoria Nuove Proposte, dove si è data la prova che il nuovo può ancora regalare emozioni, vedendo nella figura di Gaudiano il portavoce vincitore delle new entry. Annalisa dà prova di uno stile classico all’italiana mid anni 2000, nulla di particolare. Aiello non riesce ancora ad imboccare il sentiero giusto e va a finire nel fondo della classifica, forse può essere il campanello d’allarme che può risollevarlo. o forse no. Lo show business funziona come un filler che possa accontentare tutte le categorie di spettatori. Questo implica il bisogno di aggiungere una performance rock all’interno dello show. Ed è qui che entrano in gioco i Maneskin, il visetto acqua e sapone del rock italiano. Molto buona l’esibizione con suoni ben bilanciati e ricercati, riff ben costruiti e mai messi a caso. Ma la figura della rockstar ancora una volta sfocia nello stereotipo del “ragazzetto cattivello” e pone sotto la lente d’ingrandimento la poca preparazione in materia di chi organizza il casting dei partecipanti. Il siparietto d’entrata di Barbara Palombelli apre il momento “Pomeriggio 5” del festival. Poteva essere tralasciato. Noemi si esibisce da sola, accantonando nell’ombra il duetto di qualche sera fa con Neffa, proponendo un brano che ha il sapore di 10 anni fa. Fiorello e Amadeus spezzano il ritmo (ancora una volta) con un ballo abbastanza imbarazzante e inutile ai fini dello svolgimento del Festival. Non c’è da meravigliarsi dei tempi prolungati della trasmissione. La diva indiscussa, e non si parla di Achille Lauro, è Orietta Berti. Dall’alto della sua esperienza, regala ancora una volta una performance cristallina senza sbavature, facendo da scuola a tutti i partecipanti in gara. Colapesce e Dimartino regalano un’esibizione tutto sommato godibile ma niente di eclatante. Come Noemi, anche Max Gazzè sembra ritirar fuori un brano scartato dai lavori dei primi del 2000. Denuncia in rime e metrica impeccabile, Willie Peyote tutto sommato continua a non deludere le aspettative. Malika Ayane continua sulla scia di insipidità delle sere precedenti nonostante la bella voce. Quarto atto, quarto quadro. Parola d’ordine: mediocrità. Il pubblico si divide in chi lo osanna come una divinità e chi lo accusa di essere un copia-incolla fatto male di Renato Zero. La verità va ricercata nel mezzo. Achille Lauro è il soggetto in questione. Un artista che coniuga coraggio di osare e una tecnica che rasenta l’osceno. Dubbia è la costruzione del suo personaggio, poichè nonostante sia un bene sfidare e andare contro tendenza, bisogna comunque riuscire a farlo bene. Non bastano scenografie barocche e video alla Apple Store, bisogna farcire la “torta” con del contenuto. Contenuto che manca in lui e che, se continuasse così, non troverà mai, segno che in Italia dovranno ancora arrivare i pazzi figli anticonformisti. La Rappresentante di Lista inaspettatamente diventa una delle favorite, sorprendendo giuria e pubblico da casa con un brano pop dalle tinteggiature indie della scena milanese da cui proviene. Madame sembrava promettere molto, ma la sua stella più di bruciare in fretta sembra non essersi mai accesa. Arisa in questo festival è trascurabile quanto i siparietti di Fiorello ed Amadeus. Coma_cose hanno imparato dagli errori della volta precedente e si sono ripresi dallo scivolone dando dimostrazione di ottime qualità canore. Il momento più alto di tutta l’edizione finora è stato raggiunto dall’ospite d’onore Mahmood. Dinamicità, modernità, tecnica, Mahmood è riuscito a compressare il tutto e a confezionare la sua figura di artista nel modo più chiaro possibile, senza Autotune e senza copiare un Bowie o un Renato Zero. Lo Stato Sociale, Fedez e la Michielin, Renga, Ghemon: artisti che erano favoriti per l’edizione di quest’anno, ora fievoli ombre dell’Ariston. Gli Extraliscio, come nella serata cover, danno sfoggio di uno stile da sagra di paese, ricordando a tratti il maestro Canello e la sua orchestra al capodanno fantozziano alla Megaditta. Uno dei concorrenti più chiacchierati, Bugo, dà prova di un coraggio di osare che va oltre la vicenda con Morgan. Gio Evan forse è stato il concorrente più invisibile del festival, e non c’è da meravigliarsi. Gaia e le sue atmosfere spagnoleggianti continuano a non convincere. La classifica parla chiaro fin da martedì ed Ermal Meta sembra essere il prescelto per la vittoria, confermando le sue eccellenti doti da cantautore. Tra gli ultimi concorrenti Fulminacci e Random. Buono Fulminacci che ci fa immergere nei mari delle coste laziali, pessimo Random che non suscita nemmeno uno sbadiglio. L’ultima sera è alle porte, le classifiche confermeranno Ermal Meta vincitore, oppure la situazione verrà completamente ribaltata?