Di Giulia Capobianco

Buio. Buio come in un palcoscenico nell’attesa che inizi lo spettacolo. Buio come l’istante in cui speriamo che qualcosa accada. Quel qualcosa per cui abbiamo tanto lavorato, sognato e avuto paura. Attendiamo quelle luci come fosse il successo della nostra vita. Il raggiungimento di un obiettivo, la costruzione di basi solide, fatte di cemento, difficili da abbattere e necessarie per il nostro palazzo del futuro.

Siamo noi i protagonisti di quel palcoscenico. Alle volte ci nascondiamo dietro le quinte, ci sdraiamo a terra e fissiamo il soffitto nero, Fissiamo il soffitto nero e pensiamo alla paura di non potercela fare. Ai nostri ostacoli, agli antagonisti della nostra storia. Alle volte il nostro nasconderci dietro le quinte a pensare è quasi un rifugio, un momento per noi stessi, il momento in cui facciamo i conti con chi stiamo per diventare. Il rifugio in cui non esiste una decisione giusta o sbagliata. Ci siamo solo noi con la nostra paura di fallire, con la nostra paura di deludere chi ha creduto in noi o la paura di distruggere un sogno.

Siamo giovani in sospeso. In sospeso verso il futuro, in bilico sul nostro presente. Siamo giovani a volte costretti ad abbandonare il nostro mondo fatto di obiettivi e a rimanere lì dietro le quinte, a terra, mentre il presente scorre come fosse sabbia tra le mani e immaginiamo…immaginiamo come sarebbe stato bello quel futuro con delle foglie d’alloro tra i capelli o con una valigia in pelle contenente le bozze di un libro. Siamo giovani sospesi e in bilico su quella paura di cadere a terra e di fallire. Quante volte siamo caduti da quel filo. Quante volte abbiamo visto le luci del palcoscenico troppo lontane. Quante volte abbiamo voluto dimenticare il fallimento.

La realtà è che quel fallimento è il motore. E’ l’interruttore di quelle luci che tanto vogliamo vedere accese sul nostro palcoscenico. La paura di fallire è una spinta verso l’alto, mai un passo indietro. Quante volte abbiamo pensato che quelle luci fossero troppo scariche per illuminarci, e che la scena, la nostra scena sarebbe rimasta vuota. Che saremmo rimasti per sempre lì dietro, tra i bauli impolverati con le maschere del nostro passato e i nuovi abiti del futuro. Cadiamo. Cadiamo in basso, tocchiamo il fallimento. Ma questo come una molla ci spinge sul proscenio e riproietta sul futuro. Eccola, la luce.