Di Beatrice Ponzo. “Si chiama ‘skin shaming’ e insieme a ‘fat shaming’ e ‘slut shaming’ diffonde la derisione come l’arma più letale del decennio contro l’immagine del corpo”: così l’appassionata giornalista di moda Tyler Atwood introduce, in un suo articolo, il periodo nel quale la pelle del suo viso è stata teatro di critiche “costruttive” e commenti negativi da parte dei suoi colleghi a causa di un brutto sfogo dovuto a lavoro, sonno scarso e pasti irregolari. “La pelle” scrive “da organo intelligente quale è, riflette il nostro stile di vita e di conseguenza tutti i pro e i contro che attraversiamo”: si può anche fare attività fisica 3 volte alla settimana e mangiare sano ma se si sta attraversando un momento di ansia o nervosismo, lo si potrà leggere…in faccia.

È importante prendersi cura della propria pelle poichè ci accompagna dalla nascita alla morte e ci aiuta a comunicare con il mondo; troppo spesso però ci sono casi particolari in cui la pelle è motivo di sconforto, vergogna, paura di essere giudicati. Gli anni della pubertà sono i peggiori sotto questo punto di vista proprio perchè è il momento del maggiore rilascio di ormoni e quindi della comparsa di acne e brufoli. Personalmente ho sempre avuto la pelle un po’ grassa e tendente all’acne anche negli anni successivi ma quel periodo mi vergognavo del mio viso al punto di rifiutarmi di andare a scuola se un nuovo brufolo decideva di fare capolino. Non perchè le mie compagne mi prendessero in giro ma anzi i loro “consigli” ripetitivi (si sta comunque parlando di ragazzine di 12 anni), le domande su cosa mangiassi per farmeli venire così spesso mi portavano a chiedermi quanto fossi diversa da loro. Ho cercato di reagire limitando dolci e facendo più sport finchè una visita dermatologica non mi ha fatto capire che era un problema di sovraddosaggio di ormoni e quindi oltre che stare attenta al mangiare dovevo anche prendere dei farmaci curativi. In terza media il problema sembrava essere risolto ma si è poi ripresentato durante l’adolescenza: il più piccolo scompenso emotivo mi faceva spuntare brufoli in più punti del viso e anche in questo caso le mie amiche di scuola non mancavano di farmelo notare. Continuavo a sentirmi inadeguata, diversa, chiunque ai miei occhi sembrava avere la pelle perfetta e non vedevo una via d’uscita. In seguito ho capito qual era il mio errore: la perfezione non esiste, di conseguenza pelle sana non è sinonimo di pelle perfetta. La società e soprattutto le celebrità continuano imperterrite a imporci stereotipi di donne impeccabili in ogni aspetto e quindi inarrivabili eppure facciamo di tutto per diventare così, dimenticandoci di amarci per ciò che siamo. Ora come ora adoro la mia pelle con tutti i suoi difetti e non la cambierei con un’altra apparentemente perfetta ma accuratamente ritoccata per ostentare benessere a tutti i costi.