Di Giulia Capobianco. Non siamo sempre preparati. Non siamo sempre pronti ad accogliere un momento che mai avremmo voluto abbracciare. Un’ora di buio, un minuto nero, un istante di completa dispersione silenziosa. Non siamo sempre preparati ad accogliere il nero dell’insicurezza con gli abiti adatti e le armi giuste. Ma esistono davvero delle armi o degli abiti che possano proteggerci da tutto questo?

È un minuto, un’ora, un istante, un giorno, ma mai una vita. Un istante di silenzi assordanti che trainano sensi di colpa, pensieri e sogni, illusioni che distorcono la realtà. Pensieri bugiardi e scostanti. E ancora, pensieri che hanno un peso difficile da dover condividere con chi non ha lo stesso tuo abito. Non ha abiti macchiati di dolore o di quella sensazione instabile in cui la solitudine sembra essere la protagonista.

Alle volte ci chiediamo perché solo noi stiamo indossando questi abiti macchiati, perché nessuno è con noi, a spingere il tasto della speranza o a sorreggere la paura. Altre volte bramiamo il silenzio come fosse oro. Troviamo in esso le risposte necessarie a trasformare quella speranza in certezza. Troviamo in esso tanto rumore, un rumore da ascoltare con attenzione. Il rumore del silenzio, un rumore ricco di risposte.

Non esistono gli abiti adatti a proteggerci dai proiettili improvvisi. Non esiste un momento giusto, non esiste un momento sbagliato, domande impossibili e risposte sterili. Abbiamo bisogno di guardarci dentro e per guardarsi dentro, gli abiti, non servono. Servono le parole, quelle che non abbiamo mai detto, soprattutto a noi stessi. Fare i conti con uno zaino troppo pesante. Per renderlo più leggero non si può che aprirlo, gettare fuori, finalmente, il peso.

Aprire lo zaino per scegliere cosa tenere con se non è affatto semplice. Guardarsi e trovare le cause del buio, impreparati, non è semplice. Ma non dobbiamo necessariamente essere preparati. Il contrattempo fa parte del viaggio. Il contrattempo è catartico, mai sterile. La vera preparazione è la meta. Spere come affrontare il prossimo viaggio, ancora una volta senza abiti, perché è spogliandosi, di quel macigno, che possiamo arrivare in fondo.

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