Di Aurora Baldoni. Comprendere ciò che passa per la mente ad un figlio che sceglie di porre fine alla vita della madre risulta quasi impossibile.

A chi verrebbe mai in mente di uccidere, o semplicemente di ferire colei che ti ha tenuto in grembo per nove mesi, accudito dopo la nascita ed accompagnato lungo il percorso di crescita?

Sembrerebbe un qualcosa di assurdo, di surreale, ma purtroppo non lo è.

Molti infatti sono stati i casi di matricidio avvenuti nel corso della storia, dalle epoche antiche fino ad oggi.

Il più famoso fu quello di Nerone che uccise la madre Agrippina per ribellarsi al suo dominio.

Passando all’epoca più attuale, nella cronaca dell’ultimo ventennio, sconvolgente fu il caso di Novi Ligure nel 2001, in cui la sedicenne Erika De Nardo, con la complicità del fidanzato Omar uccise a coltellate la madre ed il fratello.

Ricordiamo poi, l’eclatante caso di Federico Bigorri che nel 2015 uccise la madre a coltellate ed immediatamente dopo pubblicò freddamente un suo selfie accompagnato dalla didascalia: “ le carezze sui graffi non si sentono più”.

Infine il giallo primaverile sulla morte di Laura Ziliani, per il quale sono indagate le sue tre figlie

In gran parte degli episodi, le probabili motivazioni di questi delitti vanno ricercate nell’ambito del vissuto famigliare dei singoli soggetti.

Ogni loro percorso famigliare ha le sue peculiarità, ma variante dominante che accomuna questi episodi sembra essere l’incapacità di gestire i sentimenti, in particolar modo quelli negativi, quali ira, rancore e sofferenza.

Inoltre, si deve constatare che molti matricidi sono effetto di lunghi periodi di premeditazione da parte dei figli, i quali organizzano dei veri e propri piani di eliminazione del genitore.

E’ necessario quindi da parte dei genitori, porre particolare attenzione a determinati segnali, come cambiamenti d’umore, atteggiamenti di distacco ed isolamento dei figli, che potrebbero rappresentare un campanello d’allarme.

Aiutare i propri figli anche attraverso percorsi psicologici dedicati all’intera famiglia per risolvere le problematiche relazionali , evitando che i figli traducano il loro disagio in azioni violente e nel caso più estremo ad interrompere la vita di un famigliare.