Di Virginia D’Itri. «Serve più cultura tecnica, non studiare tre o quattro volte le guerre puniche».
Alcuni giorni fa abbiamo assistito alle considerazioni del Ministro della Transizione Ecologica in merito alla tradizionale formazione scolastica, a suo avviso ricca di spunti umanistici e carente nel sapere tecnico-scientifico.
In alto un breve estratto delle sue parole, più avanti lo sconforto di chi si rende conto che un personaggio di una notevole considerazione sia così confuso sull’argomento.
Innanzitutto la storia che studiamo viene ripetuta perché approfondita per tappe: sono fermamente convinta che non vi si possano apportare tagli drastici, una simile mossa equivarrebbe ad una restrizione ideale dell’Impero Romano, dei cambiamenti che ha apportato all’arte, alla politica, al diritto, nonché delle sue civiltà vicine fenicio-cartaginesi che hanno rivoluzionato la storia delle scienze e delle tecniche, tanto care al ministro.
Anni di storia riassunti in poche righe, a questo punto necessarie per ricordargli che gli straordinari progressi della tecnica moderna hanno una radice ragguardevole nell’esercizio pratico e strumentale di un’arte, di una scienza o di una qualsiasi attività professionale!
Senza le informazioni raccolte da queste civiltà antiche, ora probabilmente noi non avremo tante delle capacità delle quali godiamo ogni giorno. Basti pensare alla scrittura, alle tecniche di calcolo o al calendario! Invenzioni che meritano una considerevole attenzione.
Mi viene difficile non pensare che l’Onorevole Cingolani stia prendendo una chiara posizione nella polemica insensata sul contrasto tra le materie scientifiche, utili e concrete, e quelle umanistiche, culturali e creative. In altre parole è come se stesse affermando che uno storico non può fare un’indagine razionale e un matematico è un macchinario che deve limitarsi alla pratica perché privo di fantasia!
Voglio comunque illudermi del fatto che le parole siano state scelte soltanto per animare una discussione immotivata, alla quale chiunque può battere una risposta più logica.
La migliore rivoluzione che può avvenire all’interno del sistema scolastico non è quella di studiare meno la storia, bensì la possibilità di abbracciare quante più conoscenze possibili per permettere agli uomini e alle donne del futuro di sapersi destreggiare in qualsiasi ambito.