Natasha Di Santo.

 

Nonostante il grande progresso degli ultimi anni riguardo la parità dei sessi ci sono molti ambiti in cui le donne vengono ancora discriminate, uno dei tasti più dolenti riguardo la discriminazione femminile è il lavoro. 

Secondo l’articolo 37 della costituzione si prevede che la donna possa fare qualsiasi tipo di lavoro ricevendo lo stesso trattamento e la stessa paga di un uomo. E allora perché ancora oggi non è del tutto così? 

La vita lavorativa delle donne è svantaggiata rispetto a quella degli uomini, sotto numerosi aspetti. Questo alimenta un divario, che può essere ridotto solo attraverso uno sforzo normativo e culturale.

La discriminazione sul lavoro per le donne che restano incinte è ancora più evidente. Questo preoccupante fenomeno delle donne incinte non solo viola i diritti fondamentali ma ha conseguenze rilevanti dal punto di vista sociale oltre che economico. Queste discriminazioni oltre a sprecare l’eventuale talento della donna soffoca anche qualsiasi opportunità.

Gli ostacoli ai sogni professionali delle donne sono soprattutto di natura culturale e sociale. 

Non devono esistere dei pregiudizi che indicano come “più adatte” ad una donna determinate professioni rispetto ad altre solo perché si pensa che la donna sia impegnata in lavori più leggeri e facili.

Per non parlare del fatto che sono più spesso le donne a subire episodi di violenza e molestie sul luogo di lavoro. Queste esperienze possono scoraggiare fortemente la partecipazione al mondo lavorativo e far perdere impegno e voglia di continuare a lavorare in un determinato luogo e impiego.

Nonostante l’ordinamento giuslavoristico preveda una tutela molto forte contro queste discriminazioni, resta comunque il timore di esporsi, di compromettere la propria carriera, di subire marginalizzazione o comunque di non riuscire a fare emergere i fatti nel corso del giudizio.