Di Isabella Maria Canestri. Sottovalutare dei comportamenti invadenti è il primo errore che commette chi è vittima di stalking. Individuare i segnali dovrebbe essere “semplice”: sguardi invadenti, messaggi insistenti, incontri inconsueti e la costante sensazione di essere seguiti. Eppure molto spesso questi segnali vengono presi alla leggera, come se le persone fossero tutte innocenti e non avessero doppi fini. “Ragazza trovata morta sulla riva di un fiume: l’assassino era il suo stalker”, sottovalutiamo spesso delle ipotetiche situazioni pericolose poi accendiamo la tv e al telegiornale passano queste notizie, nella nostra mente e dentro di noi si fa largo la remota possibilità che qualcuno sia ossessionato da noi poi torniamo sulla terraferma e pensiamo “ma no ti pare, mica sono il centro del mondo a chi importa di me?!”. Una singola persona non può essere il centro del mondo, questo è vero, ma può esserlo per qualcun altro. “Sindrome del molestatore assillante” così viene chiamato lo stalking. Lo stalker può essere qualcuno che conosciamo da tempo, qualcuno che conosciamo da poco o ,nella peggiore delle ipotesi, qualcuno che non abbiamo mai visto ma che in realtà ci conosce molto bene. Molti di loro stipulano una tabella settimanale divisa in giorni dove all’interno inseriscono tutte le abitudini della vittima: a che ora esce di casa, quando va a lavoro, quando pranza, dove pranza, quando fa palestra, quando e dove va a fare la spesa. Il luogo comune del carnefice è quello di attribuirlo ad una persona sola, infelice e depressa che sfoga la propria frustrazione sulla vittima scegliendola in modo accurato. In realtà i motivi sono molto più ramificati. Lo stalker è colui che manifesta un’evidente problematica nell’area affettivo-emotiva, di fatto lo stalker può assumere un attaccamento affettivo-amoroso nei confronti della vittima oppure un attaccamento persecutorio-irato. Il male minore è quello di avere uno stalker che si limita a mandare messaggi insistentemente, nella peggiore delle ipotesi egli può voler soddisfare la propria ossessione anche in maniera sessuale e potrebbe voler tentare un approccio diretto. Il rifiuto per lo stalker può essere o l’atto conclusivo, oppure “il via”. Sentendosi rifiutato potrebbe innescarsi dentro di lui la, sempre più costante, voglia di ottenere ciò che vuole e l’ossessione di convincere la sua vittima ad amarlo e a volerlo. Saper riconoscere dei comportamenti precedenti al fenomeno dello stalking non è semplice. Essere corteggiate, desiderate e accettare delle attenzioni fa sempre piacere ma dal momento in cui ci sentiamo violate della nostra libertà e della nostra quotidianità dobbiamo entrare in uno stato di lucidità e non pensare “tanto prima o poi si stancherà”. Lo stalker non si stanca e il “non fare nulla” della vittima verrà interpretato come un comportamento consenziente. Dal 2009 grazie alle legge n.38 lo stalking è ufficialmente considerato un reato perseguibile legalmente. I casi di stalking aumentano, la lotta contro di essi continua.