Di Valerio Durante. La parità di genere è un diritto fondamentale dell’umanità e condizione indispensabile per promuovere una società più evoluta e solidale; è anche uno dei principi fondanti dell’Unione Europea, nonché l’obiettivo N.5 dell’Agenda 2030, stilata da 193 paesi delle Nazioni Unite, tra cui l’Italia, per impegnarsi a garantire condizioni di vita e di sviluppo migliori per le persone e per il Pianeta.
Tra i tanti aspetti che, nelle varie culture e nella quotidianità di ogni società, assume la disparità di genere, vi è quella della disparità salariale tra uomo e donna.
Il lavoro è una parte fondamentale della vita di ognuno e la retribuzione di esso è non solo il compenso, ma anche il riconoscimento dell’attività svolta. Differenze salariali tra uomo e donna sono riconducibili ad un insieme di cause legate in parte a fattori storici ed in parte a stereotipi di genere profondamente radicati.
La donna, a pari livello di qualifiche e mansioni lavorative di un uomo, percepisce, in Europa, un salario mediamente inferiore del 14%.
Come già detto, tale disparità di trattamento economico, deriva da pregiudizi di genere purtroppo difficili da estirpare; le donne sono più fragili, più soggette ad assentarsi dal lavoro per indisposizioni, nonché, per ovvie ragioni, a chiedere congedi di maternità.
D’altro canto, non si può negare che il lavoro delle donne sia compromesso e ostacolato da necessità e problematiche biologiche e sociali. Le donne procreano, si occupano in maniera spesso prevalente rispetto al partner della cura dei figli e della casa, si fanno carico dei genitori anziani. Tutto questo “lavoro invisibile” grava sulle spalle della donna lavoratrice, che, a priori, viene assunta con un compenso inferiore a quello di un uomo per il solo fatto di appartenere al genere sbagliato.
Nel 1957, con il Trattato di Roma, l’Unione Europea ha adottato il principio di pari retribuzione per pari lavoro. Eppure, nonostante i proclami, l’Europa è rimasta a lungo ben lontano da un’effettiva parità salariale tra i sessi.
Recentemente, un concreto passo in avanti nella lotta al “Gender Pay Gap”, si è avuto con il passaggio alla Camera, lo scorso 13 ottobre, del DDL approvato all’unanimità al Senato sulla parità salariale tra uomo e donna che, dunque, è legge. Questa legge è un punto di svolta, ma allo stesso tempo è solo il primo passo verso il raggiungimento dell’obiettivo. Non basta una legge che fissi un salario comune per entrambi i sessi: ci vuole una politica sociale di supporto alle madri lavoratrici, e a quante sono gravate dal lavoro di cura e assistenza. Bisognerebbe assumere il principio di condivisione tra uomo e donna del “lavoro invisibile”.
La strada verso il raggiungimento della parità di genere è ancora assai lunga e tortuosa ma, raggiungere la parità salariale tra i sessi sarebbe già un incoraggiante segnale di solidarietà e civiltà.