Di Marta Borroni. Acqua: mani amorevoli ne bagnano le foglie, ne nutrono le radici. Sole: tiepida luce ne riscalda il fusto, ne illumina la chioma. Alberelli, che da semi sono diventati arbusti. Alberelli, che sono germogliati, cresciuti, rinvigoriti, che si son fatti più forti, e più audaci. Incrinano i vasi, quegli scrigni che per anni e anni li avevano accolti e cullati. Quei recipienti di terracotta, che erano stati la loro casa fino ad allora, non bastano più. Così a lungo rassicuranti, eppure così improvvisamente fragili. Non più in grado di contenere la robustezza dei tronchi, il groviglio dei rami, si spezzano di fronte al fervore di una giovinezza impetuosa, che preme per uscire, per svincolarsi da quella casa che è diventata troppo piccola, troppo soffocante. Crepe, sempre più crepe, che si trasformano in voragini e riducono in mille pezzi quella che fino ad allora era stata la loro dimora. Gli alberelli, che ormai sono querce, sono finalmente liberi. Liberi dai vincoli di quelle pareti che per così tanto tempo avevano impedito loro di muoversi sfrenati, senza regole, senza remore. Ma anche liberi dalle tenere attenzioni di quelle mani che fino ad allora se ne erano presi cura, riparandoli dalle intemperie, accarezzando le loro foglie. Agognata e difficile indipendenza, così necessaria, eppure così dolorosa