Di Carmela Nuzzolese . Solidarietà: parola bivalente e non sempre usata correttamente, specie quando è rivolta alle donne.. Da Enciclopedia Treccani: “la solidarietà è il rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività nel sentimento appunto di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità”.

Quando parliamo di solidarietà al femminile ci riferiamo a due macroaree principali: la prima, purtroppo più frequente, quella in cui si punta il dito contro, la seconda, un po’ più rara, è quella in cui ci si mette nei panni altrui e si coopera a vicenda.

La maggior parte delle donne, si sa, entra in una sorta di competizione con le altre, e ciò si evince da come queste giudicano il modo di porsi, di comportarsi o di vestirsi delle altre donne.  Si va da “quella maglietta è uguale alla mia, ma a me sta meglio” a “se l’è cercata” o “sicuramente per coprire quella posizione l’ha data a qualcuno”.

“Se l’è cercata”, come se fosse colpa della donna quando le si avvicina un malintenzionato e va oltre, “l’ha data a qualcuno”, come se una donna non fosse in grado di arrivare con le proprie forze in posizioni di prestigio. Questi commenti nascono dalla cultura maschilista, ed hanno origini più profonde, tuttavia la cosa peggiore è data dal fatto che, tra loro, sono le stesse donne a sostenere queste tesi e ciò rende il tutto ancora più inquietante.

Ci sono donne però, come accennato prima, che si sostengono a vicenda. E questo è il caso delle donne che, in segno di protesta nei confronti delle donne iraniane che hanno perso la loro vita per motivi impensabili, assurdi, come innalzare dissenso di massa per la morte di Masha Amini, uccisa perché indossava il velo in modo scorretto, si sono tagliate i capelli.
Sono queste le persone che ti fanno credere nell’umanità, poiché quando una donna si mette a capire il perché di un determinato atteggiamento, scava dentro il significato più profondo, la sua empatia è un’empatia reale, di quelle che realmente fanno qualcosa per migliorare la vita delle altre donne. Sono loro le donne che vanno dal semplicissimo “se hai bisogno di un assorbente posso dartelo io” al “ho vissuto questa violenza e ne sono uscita vincitrice, devo aiutare altre donne perché non tutte hanno la fortuna di farcela” e fondano un’associazione, un centro, un qualcosa che aiuti davvero chi ha bisogno per evitare che accadano ancora episodi simili. Insomma, sono queste le donne che dimostrano di essere tali.