Di Francesco Stampatore. Citando la ben nota serie tv di Zero Calcare che ha spopolato su Netflix, difficilmente, nei casi di suicidio, si può individuare una particolare motivazione che logicamente porti una persona a compiere un gesto tanto estremo, “non c’è la causa A che produce l’effetto B, è un groviglio di motivi in cui ti perdi; certo è che se chiunque leggesse, un giorno, la notizia di un suicidio avvenuto per colpa di un litigio con il padre derivante da dei compiti per casa non svolti, ne rimarrebbe quantomeno sconcertato.

È il caso del tragico evento consumatosi martedì 10 Ottobre, intorno alle 19:00, in piazza dei Mirti nella zona urbanistica romana di Centocelle: il suicidio di un ragazzo di 12 anni che ha stravolto un intero quartiere, con i carabinieri della Compagnia Casilina che, appena arrivati sul posto, con zelo hanno braccato ogni ragazzo che in quel momento assisteva alla scena con tra le mani il proprio smartphone pronto a riprendere la tragedia per pubblicarla su TikTok, come un avvoltoio che, avidamente, si nutre della carcassa del fatto per ricavarne del succoso materiale destinato a diventare virale.

Ma come già sopracitato, ciò che ha reso il fatto, oltre che tragico già di per sé, anche abbastanza peculiare è stato ciò che è emerso successivamente da una ricostruzione del Messaggero, raccontando anche del cordoglio di un padre che, con voce rotta e straziata, continuava a colpevolizzarsi per la morte di suo figlio; riavvolgendo il nastro a prima del dramma, si è potuto constatare come, nel momento in cui il giovane si buttò da un balcone al quinto piano, il padre fosse presente in casa (la madre era nella farmacia che affacciava proprio su piazza dei Mirti) e che, la causa scatenante di tale sciagurato evento, fosse un duro rimprovero di quest’ultimo, nei confronti del ragazzo, relativo ad una questione di compiti scolastici non svolti.

Ve ne sarebbero tante di cose da dire su questa triste vicenda, andando magari a scavare nel cuore del dramma, raccontando di come vi siano stati momenti di pura disperazione ed angoscia tra la folla, di come un’infermiera di passaggio ed un farmacista abbiano soccorso il giovane tentando di rianimarlo nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi, di come neanche le più ferventi preghiere al Signore ne abbiano evitato il decesso avvenuto, dopo un’ora di agonia, al Policlinico Casilino intorno alle 20, ma forse è proprio la motivazione del gesto a meritare un’ulteriore riflessione.

Se ci soffermassimo alla “causa di facciata” del suicidio riportata dalle varie testate giornalistiche e che tanto fa scalpore, allora sarebbe inevitabile pensare come un velo di preoccupazione si possa insinuare nel cuore di tutti i genitori, intimoriti dall’idea che un qualsiasi rimprovero nei confronti dei propri figli possa portare a tragiche conseguenze, inibendoli così nel proprio ruolo di educatori; ma, come accennato all’inizio e come affermato anche dalla psicoterapeuta dell’Unità operativa del Bambino Gesù Maria Pontillo, sarebbe oltremodo svilente relegare una psicologia umana tanto complessa quanto delicata, soprattutto in età di sviluppo, limitandoci a prendere per buona la motivazione del rimprovero del padre, “certi esiti sono il risultato di un malessere che era presente e che molto spesso si nasconde dietro a depressioni mascherate di cui è molto difficile cogliere i segni”.

Detto questo, saper comunicare coi propri figli e gestire tutte le problematiche che devono affrontare con la crescita è sicuramente una delle parti più difficili dell’essere genitore (basti pensare come il suicidio sia una delle più frequenti cause di morte per quanto riguarda l’età infantile), la cosa migliore da fare, riprendendo le parole di Maria Pontillo, in caso il bambino manifesti sintomi di malessere come “cambiamento repentino di umori, alterazione dei ritmi del sonno-veglia o del mangiare, quindi progressivo isolamento dalle relazioni sociali, è rivolgersi a degli specialisti, per una maggiore prevenzione del suicidio in età evolutiva.