Di Ludovica Visconte. Si tende a pensare che, un corso universitario sia esclusivamente un corso universitario ma, a volte, dietro a questo può nascondersi una grande famiglia e sopratutto una enorme crescita personale.
Il laboratorio di redazione giornalistica è un posto sicuro in cui i ragazzi hanno la possibilità di raccontarsi, di ascoltare e di fare dibattiti. Tutte queste cose sono fatte senza nessun giudizio, senza nessuna paura di non essere accettati.
Io posso confermarlo.
Sono entrata ad ottobre in un’aula in cui non conoscevo nessuno, in cui avevo timore di esprimere le mie idee per paura di essere giudicata, ma guardandomi attorno e vedendo che c’erano delle persone accanto a me, pronte ad ascoltare senza dare alcun tipo di giudizio, mi ha fatta sciogliere e credere in me stessa.
Il laboratorio ti fa fare una crescita personale, interiore.
Ti aiuta a vedere la vita da altri punti di vista, ti aiuta a capire che sbagliare è umano e nessuno ti condannerà per questo.
Inoltre, in quell’aula, nella T33, le idee e i pensieri che noi abbiamo non sono sbagliati, siamo liberi. Essere liberi significa: essere padroni dei propri sentimenti ed avere la piena facoltà di fare o non fare una cosa.
Nella T33, con il professore, questo si apprende; questo è il giornalismo di vita.
È un percorso che fa comprendere quali sono i valori che si hanno e aiuta a capire che, se si cade, bisogna essere in grado di rialzarsi più forti, perchè siamo in grado di farlo. Di conseguenza si riesce a conoscere di più se stessi ed avere molta autostima, laddove scarseggia.
Inoltre insegna a saper ascoltare le altre persone, facendo tesoro di ciò che hanno da dire e perchè no, anche imparare qualcosa da chi ascoltiamo.
Inizialmente può sembrare strano condividere un pezzetto di vita a persone a noi sconosciute, ma per i motivi elencati precedentemente: nessun giudizio, libertà, ascolto e per di più un professore che vi incoraggerà, non sarà più strano, anzi, piacevole.
Dico piacevole, perchè è bello parlare di se stessi, fin dove si ha voglia di raccontare, a persone con cui trascorrerai tre mesi, tre ore a settimana.
Si ha la voglia di farsi conoscere.
Gli argomenti trattati saranno molteplici: rapporto con sè stessi, rapporto di coppia, genitori – figli, fede, società, paure e tanti altri.
Insomma tutti temi accanto ai giovani, temi da cui si può prendere spunto dai compagni e vedere le varie sfumature.
Ci si emoziona, ci si commuove, si ride.. sono emozioni, emozioni sane. Ci indicano che le cose di cui si è parlato, sono entrate e ci hanno lasciato il segno.
Lascare il segno: questo è quello che fa il laboratorio di redazione giornalistica.
Lasciare il segno in noi stessi, nella nostra crescita personale ma anche con le meravigliose persone che abbiamo conosciuto e che consideriamo come una piccola famiglia, in cui si sta bene e non i viene giudicati.
Non essere giudicati è il punto cardine di questo laboratorio di redazione giornalistica, che, personalmente, consiglio, dal momento in cui non saranno tre ore pesanti di lezione, buttati in un aula, con un compagno o una compagna a caso accanto e con un professore che fa il ruolo solo di professore severo.
Il professore del laboratorio, è un professore come pochi: pronto ad ascoltare, ad aiutare e a ridere insieme.
Il professore insegna a scrivere, a dare spazio alle proprie idee, i propri pensieri e ad essere taglienti se serve. Questo è racchiuso in due paroline: “di pancia”.
Di pancia, di anima, così si scrivono i pezzi, così si dà sfogo alle proprie idee.
Per tale ragione, si ha un professore che crede in noi, più di quanto si possa pensare.
Ha scommesso su di noi e ha vinto.