Di Edoardo Cafaro. Sfruttamento, porte chiuse, paga inadeguata, poca o scarsa considerazione: questo è il menù proposto dal mondo del lavoro nei confronti dei ragazzi. Una situazione che crea sgomento, sfiducia nel futuro e nelle istituzioni. I giovani faticano a trovare una propria collocazione nel panorama odierno, in cui risultano essere vere e proprie vittime di un sistema che mette loro delle catene. Questo fenomeno riguarda omogeneamente ogni settore lavorativo e ogni ragazzo che si affaccia in questo mondo subisce lo stesso trattamento inadeguato. Porgendo uno sguardo più attento, si può scavare nello specifico anche nel mondo del giornalismo. Quest’ultimo rappresenta per molti giovani, e non solo, un orizzonte davvero affascinante, un mare in cui poter navigare con grande interesse, addentrandosi, approfondendo e potendo spaziare dallo sport, alla cronaca, alla politica e tanto altro. Un mondo, questo, che permette di potersi incanalare in ogni modo: si passa dalla scrittura, all’universo radiofonico, all’intramontabile fascino della televisione. Tutto si configura come uno scenario davvero ricco, ma ci sono dei nervi scoperti: i giovani che si approcciano in questo ambito sono costretti a dover tenere in considerazione alcuni aspetti critici, fra cui la paga. Il nostro tenore di vita ci impone una retribuzione adeguata, anche solo per i bisogni primari, e i ragazzi non ricevono tale riconoscimento. Il neo giornalista o praticante viene sfruttato dai suoi datori di lavoro, non riceve sufficiente denaro e, di conseguenza, è costretto a gravare sulle finanze dei genitori, spesso già barcollanti. È giunto il momento di mettere sotto la luce del sole tutto questo e far capire al mondo intero che ogni individuo merita la stessa considerazione, anche e soprattutto economica: il servizio, il lavoro specifico, qualsivoglia mansione deve essere adeguatamente retribuita, a prescindere dall’età dell’individuo. La scarsa considerazione umana, in aggiunta, galoppa in parallelo con questa difficoltà: i datori di lavoro spesso e volentieri sono prevenuti nei confronti dei ragazzi, reputandoli inadeguati o non all’altezza già dai nastri di partenza, solo ed esclusivamente per una questione anagrafica o di “poca esperienza”. Quest’ultima non può essere una caratteristica fondamentale per un ragazzo, tantomeno può essere motivo di rifiuto o di sfruttamento. Questo rappresenta un quadro chiaro della situazione: il mondo del lavoro non è pronto a scommettere sulla nuova generazione e preferisce ancorarsi ad alcuni veterani che risultano spesso inadeguati e scollegati dal mondo che si sta configurando. Tutto ciò deve far riflettere: i giovani meritano un trattamento diverso, adeguato, rispettoso e giusto, presupponendo sacrificio, impegno, dedizione e abnegazione da parte degli stessi.